QUESTA È UNA RACCOLTA DI NOTIZIE E FATTI STORICI, ADATTA PER RICERCHE SCOLASTICHE E PER ARRICCHIRE IL PROPRIO BAGAGLIO CULTURALE.

ZEUS IL RE DELL’OLIMPO

All’inizio il capo supremo dell’universo era Urano, il cielo, che aveva per moglie Gea, la terra. Per timore di perdere il regno imprigionava tutti i suoi figli nel Tartaro, l’inferno degli dèi. Ma uno di questi, Crono, dopo una violenta lotta, obbligò il padre a rinunciare in suo favore al dominio del mondo. Urano, sconfitto e sanguinante, maledì Crono dicendogli che sarebbe stato a sua volta detronizzato da un figlio. Per evitare questo pericolo, Crono ingoiava tutti i figli appena nati. Avevano già subito questa sorte Era, Ares, Ades e altri. Quando nacque Zeus, la madre Rea lo nascose e consegnò a Crono una pietra avvolta nelle fasce. Il dio senza nulla sospettare ingoiò il fagotto. Zeus fu così salvo e crebbe in un antro segreto dell’isola di Creta amorevolmente assistito dalla ninfa Adrastea e allattato dalla capra Amaltea. Diventato adulto, Zeus si presentò al padre e lo obbligò a rigettare fuori tutti i fratelli ingoiati. Dopo di che ingaggiò contro di lui una tremenda lotta che durò dieci anni. Dalla parte di Zeus si schierarono alcuni titani, Oceano, Iperiore, Temi e Mnemosine. Altri titani si misero a fianco di Crono. Zeus aveva occupato l’Olimpo, Crono si era sistemato con i suoi seguaci sul monte Otri. La guerra fu terribile. Volavano nel cielo intere montagne, il fragore era immenso. Dalla parte di Zeus si erano schierati anche i ciclopi, che fabbricavano i fulmini, e i giganti dalle cento braccia. Alla fine i titani di Crono furono sconfitti e gettati in catene nel profondo del Tartaro. Crono perse il regno e fu mandato in esilio nelle isole dei beati, il paradiso degli eroi. Zeus divise l’universo con i fratelli. Riservò a sè il cielo, lasciando a Posidone il governo del mare e a Ades quello del sottosuolo. La terra rimase zona franca, cioè neutrale. Ma le lotte contro Zeus non erano ancora finite. Prima ci provò Tifone, un mostro con cento teste di drago vomitanti fuoco. Anche Tifone finì nel Tartaro. Fu poi la volta dei giganti, nati dalle gocce di sangue sparse da Urano dopo la lotta con Crono. Anche i giganti finirono incatenati accanto agli altri ribelli. Finalmente sull’Olimpo tornò la pace e Zeus mise su famiglia. Sposò la sorella Era, dalla quale ebbe tre figli, Ares, Efesto ed Ebe. La moglie era molto gelosa e non aveva tutti i torti. Perchè Zeus cominciò a seminare figli un pò dappertutto. Dalla titanessa Temi generò le Ore e le Parche; da Dione ebbe Afrodite, dalla ninfa Maia nacque Ermes; da Demetra ebbe Persefone. L’elenco era molto lungo: dall’oceanina Eurimone generò le Grazie; da Latona ebbe i figli Apollo e Diana. Zeus perse più volte la testa anche per donne mortali: da Semele, figlia di Cadmo, ebbe il dio Dioniso, da Alcmenta ebbe Ercole. Amò Leda che andava a trovare trasformandosi in cigno, mentre per incontrarsi con Danae si trasformava in pioggia d’oro. Ma l’elenco è troppo lungo per ricordare tutte le scappatelle di Zeus.

Era, dea gelosa e vendicativa
Era, non sopportava che il marito Zeus si prendesse libertà con altre donne. Come ritorsione perseguitava le donne corteggiate dal marito. Fece morire tragicamente con un inganno Semele, madre del dio Dioniso. Un’altra fanciulla di nome Io fu mutata in giovenca. Se la prese anche con Ercole, uno dei tanti figli illegittimi di Zeus, e lo perseguitò per tutta la vita. Permalosa e vendicativa, come tutti gli dèi, diventò una nemica giurata dei Troiani, perchè Paride aveva scelto Venere come la più bella dell’Olimpo.

Il più brutto si chiama Efesto
Efesto (dio del fuoco, figlio di Zeus e di Era), marito della bellissima Afrodite, era l’unica divinità dell’Olimpo di aspetto molto brutto. Era anche zoppo; e questa  menomazione se la procurò per aver difeso la madre. Tra i suoi genitori i litigi erano frequenti. Un giorno Efesto intervenne per difendere la madre. Zeus, in preda alla collera, afferrò per la caviglia il figlio, lo roteò in aria e lo scaraventò giù dall’Olimpo. Una caduta di un giorno e una notte, poi l’urto tremendo al suolo di Lemno, un’isola del mare Egeo.

Dio Funzione Parentela Simboli
Zeus re degli dèi figlio di Crono fulmine, aquila
Era regina del cielo moglie di Zeus pavone, melograno
Posidone re del mare fratello di Zeus tridente
Ades re degli inferi fratello di Zeus scettro
Ares re della guerra figlio di Zeus lampo, lupo
Efesto re del fuoco figlio di Zeus martello
Atena regina della guerra figlia di Zeus civetta, ulivo
Apollo re della musica figlio di Zeus lira, alloro, cigno
Artemide regina della caccia gemella di Apollo orso, arco
Ermes messaggero degli dèi figlio di Zeus bastone alato
Afrodite dea della bellezza moglie di Efesto colomba, mirto
Estia regina della famiglia sorella di Zeus focolare
Demetra regina della messi sorella di Zeus spiga

I GIORNI DELLA MERLA

I “giorni della merla” sono gli ultimi tre di gennaio, che per tradizione sono i più freddi dell’anno. Una leggenda molto antica racconta che una volta i merli erano tutti bianchi e gennaio era il mese più breve dell’anno. Venne un gennaio particolarmente mite e una famiglia di merli, credendo già finito l’inverno, uscì dal nido cantando e saltellando. Gennaio, offeso da tanta baldanza, chiese due giorni a febbraio (che da allora rimase così corto) e imperversò con il freddo più intenso che aveva. Neve e gelo costrinsero i merli a rifugiarsi sopra un camino fumante di una casa, per non morire assiderati, e fu così che le loro penne bianche a poco a poco diventarono nerissime e rimasero di tale colore come ammonimento – dicevano i vecchi saggi – per gli incauti e gli arroganti.

 

PERCHE’ SI CHIAMA K2

K2 è una sigla che significa “montagna numero 2 del Karakorum”. Così infatti fu indicata dal Survey of India (rilievo topografico dell’India) la vetta che con i suoi 8.616 metri d’altezza è la seconda del mondo dopo l’Everest (8.846).

In seguito sono stati proposti vari nomi, ma nessuno di essi ha avuto successo. Sono cadute in disuso anche le denominazioni locali, come Vaptang e Akgar.

Il K2 è particolarmente famoso nel nostro Paese perchè fu conquistato per la prima volta nel 1954 da una spedizione italiana guidata dal geologo Ardito Desio: gli scalatori Lino Lacedelli e Achille Compagnoni raggiunsero la vetta il 21 luglio di quell’anno.

 

PERCHE’ SI SBATTONO LE PALPEBRE

Le palpebre sono sottili membrane mobili che servono a coprire e proteggere la parte anteriore del globo oculare. quando la palpebra superiore (più grande e più mobile) e quella inferiore si avvicinano fino a toccarsi, l’occhio rimane completamente coperto e al buio. Quando invece si chiudono soltanto in parte, servono a regolare la quantità di luce che entra nell’occhio. La chiusura rapida e periodica (in media ogni 10-12 secondi) delle palpebre serve a diffondere il liquido lacrimale sulla superficie esterna dell’occhio, per liberarla dal pulviscolo atmosferico e mantenerla sempre ben umettata. Se infatti ci troviamo in un ambiente molto asciutto o polveroso, battiamo le palpebre con maggiore frequenza.

PIEMONTE: IL RISO

Importarlo in Europa dal lontano Oriente furono gli Arabi alla fine del VII secolo, ma le prime coltivazioni di riso in Italia sono di molto posteriori: le prime risaie incominciarono a comparire nella Pianura padana 250 anni fa.

Oggi il nostro Paese è il maggior produttore europeo di riso, con più di 14 milioni di quintali l’anno. E in Italia il primato spetta al Piemonte, con più di 116 mila ettari di risaia nei quali vengono raccolti milioni di quintali di riso all’anno. La capitale del riso è Vercelli: dalle risaie che circondano la città proviene più di 1/3 della produzione nazionale. Oltre alla provincia di Vercelli, anche quella di Novara presenta il paesaggio tipico delle risaie: vaste distese pianeggianti coperte di acqua sotto la quale crescono le pianticelle di riso.

Per garantire l’acqua, elemento indispensabile per la crescita del riso, nel corso dei secoli è stata costruita una fitta rete di canali, il più importante dei quali è il canale Cavour, che prende il nome dal grande statista piemontese dell’Ottocento che ne propugnò la costruzione.

La semina, la coltivazione e la raccolta del riso venivano praticate un tempo tutte a mano e costituivano un lavoro durissimo al quale si dedicavano soprattutto le donne. Erano chiamate mondine e diventarono figure popolari negli anni Cinquanta, quando furono immortalate anche dal cinema. Nei due mesi estivi, quando il lavoro era più intenso, lavoravano a decine di migliaia nelle risaie, immerse anche per 10 ore al giorno nell’acqua, perseguitate dalle zanzare e dall’afa.

Oggi le mondine sono scomparse, sostituite da trattori, mietitrebbie e altri macchinari specializzati che hanno preso il loro posto nelle varie fasi della coltivazione.

I MOSTRI DELL’ANTICHITA’

Se si raggruppassero tutti i mostri che popolano la mitologia si potrebbe costruire un immenso giardino zoologico, fantastico e terribile. Al posto di giraffe, leoni e scimmie, ci sarebbero draghi, centauri e chimere.

Il drago è forse il mostro più popolare. Lo si trova nella mitologia di tutti i Paesi: è un gigantesco serpente nato da un uovo di gallo, covato nel letame. Ma la sua forma varia a seconda del Paese in cui è nato: lo si raffigura con la testa di serpente o di leone.

Il minotauro è un vorace mostro in parte uomo e in parte toro. Viveva a Creta nel centro di un terrificante intrigo di corridoi e sotterranei, di grotte e di cupole, chiamato Labirinto. Si nutriva di corpi di fanciulli.

Cerbero è il terribile cane con le tre teste e la coda di serpente, posto a guardia dell’inferno. Era mansueto con chi entrava, ma feroce contro chi tentava di uscirne.

Le arpie sono la personificazione della bufera. Rapivano gli uomini facendoli scomparire. Questi mostri venivano raffigurati come esseri alati, con volto di donna e mani e piedi muniti di artigli.

Le sirene sono mostri marini per metà donne e per metà uccelli (o pesci), che attiravano con la loro voce i naviganti in fondo al mare.

La chimera è un mostro con tre teste: in mezzo alla schiena ha la testa di capra, a una estremità quella di leone e all’altra quella di serpente. Vomitava fuoco e al suo passaggio bruciava tutto.

I centauri sono le creature più armoniose della zoologia fantastica: avevano tronco umano e corpo di cavallo. Erano violenti e prepotenti. Ce n’era uno che era “più saggio degli altri”. Si chiamava Chirone e vivendo nei boschi imparò a conoscere le piante e le stelle.

Tra i centauri marini il più noto è Tritone. Abitava nel fondo del mare e comandava uno stuolo di mostri turbolenti, che erano un pò uomini, un pò cavalli e un pò pesci. Quando questi mostri soffiavano dentro una conchiglia marina, s’agitavano i flutti e si scatenava la tempesta.

I gorgoni, mostri alati con i capelli di serpente, il cui sguardo pietrificava le persone. La più terribile era Medusa uccisa da Perseo.

L’unicorno è un animale fantastico che veniva raffigurato come un cavallo bianco con zampe posteriori d’antilope, barba di capra e un lungo corno sulla fronte.

Il grifone è mezzo leone e mezzo aquila, ma è più grande di otto leoni e più robusto di cento aquile.

L’ippogrifo è il bizzarro cavallo alato inventato da Ludovico Ariosto, l’autore dell’Orlando furioso.

Il basilisco è un gallo coronato con grandi ali spinose e una coda di serpente, che può terminare a uncino o in un’altra testa di gallo. Lo sguardo di questo mostro inceneriva ogni cosa. La sua abitazione era il deserto.

La sfinge greca ha la testa di donna, ali d’uccello, corpo e piedi di leone. Questo mostro spadroneggiava nella regione di Tebe, proponendo enigmi agli uomini e divorando quelli che non riuscivano a rispondere. A Edipo, re tebano, chiese: “Qual è l’animale che cammina con quattro zampe la mattina, con due a mezzogiorno, con tre la sera?”. Edipo rispose che era l’uomo, che da bambino arranca a quattro zampe, poi si regge su due piedi, e in vecchiaia si appoggia a un bastone. La sfinge, sconvolta perchè era stato decifrato l’enigma, si uccise precipitandosi da una rupe.

L’idra è un gigantesco serpente con nove teste. Il suo fiato avvelenava le acque e distruggeva i campi. Il suo covo era nelle paludi di Lerna.

Il roco, un ingrandimento dell’aquila, è un mostro orientale che appare nelle favole delle Mille e una notte. Simbad, il marinaio abbandonato dai suoi compagni su un’isola, vide in lontananza un’enorme cupola bianca e il giorno dopo una grande nube. La cupola era un uovo di roco e la nuvola l’uccello madre.

Il kraken è il gigantesco polpo della mitologia scandinava: le sue braccia potevano afferrare la più grande delle navi.

TRENTINO-ALTO ADIGE: IL LEGNO

Il Trentino-Alto Adige è la regione più settentrionale d’Italia. E’ tutta montuosa, percorsa da fiumi ricchi d’acqua e costellata di laghi, grandi come il Garda o piccoli come i 350 laghetti alpini sparsi su tutto il territorio. I boschi occupano quasi la metà della superficie della regione, il resto è costituito da vallate verdeggianti, vigneti, frutteti, pascoli, montagne rocciose e ghiacciai.

Tante foreste e boschi alimentano la produzione del legno, per la quale il Trentino detiene il primato nazionale. Quasi un milione di metri cubi di legname l’anno, pari a circa l’11 per cento della produzione italiana, proviene infatti dai boschi trentini.

Il legname è la materia prima che alimenta una fiorente industria locale e, soprattutto, il più caratteristico artigianato regionale. Delicate statue a soggetto religioso, maschere e pupazzi, massicci mobili rustici, orologi a cucù, soprammobili e un’infinità di oggetti intarsiati vengono sfornati a getto continuo dai laboratori nei quali lavorano autentici maestri del legno. In Trentino esiste un istituto del legno, unico in Italia, al quale si affiancano scuole professionali per maestri intarsiatori come quelle di Ortisei e Selva in Val Gardena e di Canazei in Val di Fassa.

La fama dei prodotti dell’artigianato trentino ha ormai superato i confini dell’Italia e si è imposta nel mondo. L’unica preoccupazione degli addetti al settore è che tanta maestria e tradizione vadano perdute per la mancanza di allievi.

PERCHE’ GLI UCCELLI RAPACI SONO IN PERICOLO

Gli uccelli rapaci sono oggi in via di estinzione in varie parti del mondo. Il motivo è semplice: l’inquinamento ha distrutto il loro ambiente naturale e la persecuzione insensata dei cacciatori li ha decimati. Sebbene la parola rapace richiami alla mente l’immagine dell’aquila con un agnellino fra gli artigli, la maggior parte degli uccelli predatori si nutre di animali nocivi all’uomo (serpenti, topi, insetti) o di animali già morti ( come fanno gli avvoltoi).

Le ali dei rapaci sono diverse a seconda del tipo di caccia da essi esercitata. Gli avvoltoi, nella loro ricerca di animali morti, devono a volte percorrere oltre 300 chilometri in una giornata. Essi hanno quindi ali molto lunghe e ampie che consentono di veleggiare muovendole pochissimo; queste ali, mentre permettono di risparmiare energie durante il volo, sono ingombranti nell’atterraggio, che è molto lento, ma questo non è importante, dal momento che la preda su cui devono piombare è già morta.

Le aquile hanno le ali più corte e strette a una coda molto robusta che consente di girare e atterrare molto rapidamente quando devono afferrare una preda in movimento.

I falchi, che catturano uccelli in volo, hanno ali strette e sfruttano la velocità della picchiata.

I piedi, di cui i rapaci si servono per afferrare le prede, sono molto sviluppati, hanno una grande capacità di presa e sono muniti di artigli. Il becco, sempre molto forte e robusto, serve per lacerare le vittime.

I rapaci hanno un’esistenza abbastanza lunga: le aquile possono vivere anche 100 anni, i grandi avvoltoi 60 anni.

LA SCOPERTA DELL’AMERICA – PARTE 3

Non c’è paese al mondo che non abbia onorato in qualche modo la figura di Cristoforo Colombo. Gli Stati Uniti ovviamente, sono i primi della classe: il nome del navigatore genovese è stato dato al Distretto di Columbus, dove si trova la capitale federale, Washington. Ma ci sono anche Columbus capitale dell’Ohio e Columbia capitale della Carolina del Sud. Nelle montagne rocciose c’è l’altipiano del Columbia. E l’elenco comprende anche fiumi, laghi, otto contee con nome Columbia e una nona che si chiama Columbus. Ci sono ancora una sessantina di cittadine, paesi e villaggi statunitensi che portano il nome di Colombo, senza contare strade e piazze, scuole ed edifici pubblici. Numerose statue dedicate allo scopritore del Nuovo Mondo fanno bella mostra di sè in molte località. Gli americani, poi, festeggiano solennemente ogni anno il Columbus day, il giorno di Colombo, che si celebra il 12 ottobre, anniversario della scoperta dell’America.

I venerdì di Colombo
Contrariamente alle credenze popolari che considerano il venerdì un giorno sfortunato, per Colombo il venerdì fu un giorno fortunato.

- Venerdì 3 agosto 1492 partì da Palos alla volta del Nuovo Mondo
- Venerdì 12 ottobre arrivò a San Salvador
- Venerdì 4 gennaio 1493 partì da Haiti per tornare in patria
- Venerdì 15 febbraio avvistò le Azzorre
- Venerdì 15 marzo rientrò a Palos

La riconquista di Granada
Nel XV secolo la dominazione araba in Spagna si era ridotta al solo regno di Granada. Pur di vivere in pace, i Mori avevano accettato, nel 1457, di pagare un tributo annuale alla Castiglia. Poi, nel 1466, l’emiro Alì Abu-al-Hasan rifiutò di sborsare altro oro ai cristiani. Ferdinando e Isabella, appena saliti al trono, inviarono emissari per esigere il rispetto dei patti. L’emiro fu irremovibile e si arrivò alla guerra. Granada e Malaga, ultime roccaforti della dominazione araba, furono assediate e costrette alla resa; la prima a cedere fu Malaga. Il 2 gennaio 1492 toccò a Granada. Così finì la “riconquista”: dopo 780 anni l’Islam veniva cancellato dalla Spagna. Per questo Isabella e Ferdinando vennero definiti da papa Alessandro VI “re cattolici”.

Una vita all’ombra di San Francesco
Da bambino Colombo andò al catechismo dai frati francescani di Santo Stefano, proprietari a Genova del terreno sul quale suo padre aveva costruito la casa. Ancora francescani, quelli di Santa Caterina, furono i suoi primi maestri. E san Francesco fu il vero “protettore” del navigatore genovese. Pare anzi che Colombo diventò un “terziario” francescano, ossia un seguace allo stato laico delle “regole” francescane. Quando morì, l’Ammiraglio fu rivestito di un saio francescano, ebbe funerali modesti e fu sepolto nel convento francescano di Valladolid in Spagna. Per tutta la vita Cristoforo Colombo portò san Francesco nel suo cuore, invocandone spesso la protezione durante le sue difficili imprese.

PERCHE’ LE GUARDIE DEL PAPA SONO SVIZZERE

Le guardie svizzere che prestano servizio nella Città del Vaticano provengono tutte dalla Confederazione elvetica. La data di fondazione del Corpo delle Guardie svizzere viene considerata il 21 gennaio 1506, quando 150 soldati svizzeri giunsero a Roma per mettersi al servizio di papa Giulio II, che li benedisse solennemente. Alcuni anni dopo, in occasione del sacco di Roma (1527) da parte delle truppe imperiali di Carlo V, le guardie svizzere dimostrarono la loro devozione al pontefice combattendo eroicamente in sua difesa: ne morirono 147; soltanto 42 poterono salvarsi rifugiandosi con il papa Clemente VII in Castel Sant’Angelo.

Per potersi arruolare in questo corpo militare, che forse è il più vecchio del mondo, bisogna essere cittadini svizzeri, cattolici, celibi e in età compresa tra i 19 e i 30 anni, avere un’ottima reputazione, una buona costituzione fisica e un’altezza minima di 174 cm.

La Città del Vaticano è lo Stato indipendente più piccolo del mondo e il suo esercito è il più piccolo esistente. La Guardia svizzera è infatti composta di soli 100 uomini. Con la loro celebre divisa a strisce verticali gialle, rosse e blu e con l’elmo a due punte sormontato da un pennacchio rosso, le Guardie svizzere assicurano il servizio d’ordine durante le cerimonie religiose e le udienze del Papa. Inoltre montano la guardia agli ingressi del Vaticano e del palazzo pontificio, oltre che davanti all’appartamento papale. Il loro compito principale è infatti quello di vigilare sulla sicurezza del Papa, che è il loro comandante in capo.

 

I SEGNI DELLO ZODIACO – I GEMELLI

Al segno dei Gemelli appartengono, secondo l’astrologia, i nati dal 22 maggio al 21 giugno. In realtà, in questo periodo, si verifica l’allineamento Terra-Sole-Costellazione del Toro. Quindi i gemelli, nascendo con il Sole nel Toro, sono, di fatto, dei tori.

Nella costellazione invernale dei Gemelli, splendono Castore e Polluce, due stelle molto ben visibili a occhio nudo.
Castore e Polluce erano i due gemelli chiamati Dioscuri, dal greco “Dios-kuroi”, vale a dire figli di Zeus, o Giove, padre di tutti gli dèi. Il mito dei Dioscuri è antichissimo e si ritrova, anche se con nomi diversi, nella mitologia indiana e fra i Maya.
Comunque i nostri sarebbero, si, nati da Giove, ma la loro nascita non sarebbe del tutto regolare.
Infatti Giove, invaghitosi della bellissima Leda, sposa di Tindaro, pur di possederla si tramutò in cigno e, da questa particolarissima unione, scaturirono due uova, dalle quali nacquero ben quattro rampolli. Castore e Polluce appartenevano appunto alla nidiata.
La storia dei due gemelli è lunga e complessa: fatta, come tutte le storie mitologiche, di agguati, trabocchetti, colpi di scena e ammazzamenti, tanto è vero che Castore, a un certo punto, venne trafitto da una lancia e morì.
Ma è qui che si rivela il grande amore fraterno che legava i due gemelli e l’importanza del loro mito. Polluce era immortale e, pur di non abbandonare il fratello ucciso, da allora visse con lui un giorno sull’Olimpo, fra gli dèi, e un giorno sottoterra, fra i morti. Come premio per l’amore fraterno da essi dimostrato, gli dèi li portarono entrambi in cielo.

I Dioscuri, con i loro cavalli inseparabili, Cillaro e Xanto, sempre pronti ad accorrere dove qualcuno fosse in pericolo, erano particolarmente venerati dai marinai e di ciò parla il grande Omero.
Anche i Romani sentirono molto questo mito, per quel tanto di guerriero che la forza e il coraggio dei due gemelli esprimeva.
Nei Gemelli brillano “alfa Geminorum” che è Castore, e “beta Geminorum” che è Polluce. Castore è una stella tripla e ciascuna delle tre componenti è una stella doppia! Polluce è una gigante rossa che, rispetto al Sole, è 14 volte più grande e 24 volte più luminosa. “Gamma Geminorum” è chiamata Alhena che significa “Marchio impresso a fuoco sul collo di un cammello”. Impiegando anche piccoli strumenti, è possibile osservare le componenti di numerose stelle doppie. Una è “delta Geminorum”, o Wasat (“Punto di mezzo”); un’altra è “zeta Geminorum”, o Mekbuda (“La zampa allungata del leone”), e, infine, “lambda Geminorum”. Ma ce ne sono altre.

Nella Costellazione dei Gemelli si possono scorgere, con l’uso di un semplice binocolo, alcune nebulose fra le quali M35, che è veramente interessante da osservare; si tratta di un ammasso di circa 120 stelle, distanti dalla Terra ben 2600 anni luce.
La Costellazione dei Gemelli è visibile, dalle nostre regioni, tutte le notti d’inverno e di primavera, da fine novembre a fine aprile.

LA SCOPERTA DELL’AMERICA – PARTE 2

Le spezie
Già conosciute nel mondo antico, le spezie hanno alimentato per secoli un forte commercio tra i Paesi asiatici e l’Europa. Provenivano per la maggior parte dall'Estremo Oriente e dalle regioni rivierasche del Mediterraneo e attraversavano le piste del deserto o risalivano su navi arabe il Golfo Persico sino a raggiungere la Siria e i porti del Mediterraneo. Alle spezie bisogna aggiungere l’avorio, la seta, l’oro e le perle; tutte merci che venivano dall’Oriente e che solcavano il Mediterraneo per approdare in Europa. Il controllo delle rotte marittime commerciali era dunque decisivo per garantire a una città o a un Paese la supremazia economica.

La società spagnola del ‘400
Nel 1450 vivevano in Spagna circa 10 milioni di persone. Il 90 per cento era cristiano; gli altri musulmani o ebrei. Al vertice della società si trovavano 500 grandi famiglie nobiliari e le alte gerarchie della Chiesa; seguivano 60 mila hidalgos della piccola nobiltà, poi i borghesi, i commercianti, gli artigiani e via via il popolino. La nobiltà viveva agiatamente, in parte per i guadagni derivanti dai traffici marittimi di cui aveva il monopolio, per il resto grazie ai gettiti di immensi latifondi dove lavorava in condizioni di semischiavitù un esercito di contadini e pastori.

Almeno una volta l’anno fiestas  e ferias (feste e fiere) erano grandi occasioni per dimenticare le barriere sociali che dividevano il popolo dal clero e dalla nobiltà. E non c’era fiesta senza la corrida. La corrida del ‘400, tuttavia, non era uno spettacolo per “vacanzieri”, ma una cerimonia suggestiva, ordinata da un cerimoniale puntiglioso che risaliva all’VIII secolo e che aveva il sapore dei grandiosi tornei cavallereschi tra musulmani e cristiani.

La corte itinerante
La corte di Ferdinando e Isabella era un piccolo mondo a sè, un mondo in movimento perchè, come tutte le corti medievali, anche quella spagnola si spostava in continuazione da una città all’altra. Ciò dipendeva in gran parte dall’impossibilità di mantenere a lungo, con le risorse della città ospitante, la moltitudine di cortigiani. Così, esauriti i viveri e stremate le finanze del luogo, la corte si spostava altrove. Per Isabella e Ferdinando, poi, c’erano anche ragioni militari che consigliavano continui spostamenti durante la guerra contro i Mori invasori.

L’uovo di Colombo
Cristoforo Colombo dovette difendersi sempre da invidiosi e denigratori. Durante un banchetto, al ritorno dal suo primo viaggio, alcuni nobili spagnoli gli dissero: “ Mille altri uomini in Spagna avrebbero saputo fare quello che hai fatto tu!”. Colombo prese un uovo e invitò i nobili a farlo rimanere ritto in mezzo alla tavola. Tutti tentarono la prova e tutti fallirono. Solo l’Ammiraglio ci riuscì, schiacciando leggermente l’uovo sulla parte inferiore. Ma solo a lui riuscì.

VALLE D’AOSTA: LA FONTINA

E’ inconfondibile. Le hanno stampigliato sopra il disegno di una montagna, una punta aguzza come quella del Cervino, la montagna che con i suoi 4478 metri domina il paesaggio della Valle d’Aosta.

E’ la fontina, un formaggio che è il “fiore all’occhiello” della più piccola regione italiana. E di fontina ce n’è una sola, quella aostana appunto. Guai a spacciare per fontina formaggi di altre regioni: gli ispettori del Consorzio per la tutela della fontina sono pronti a entrare in azione e a denunciare quei commercianti che tentino di vendere come fontina formaggi che non siano “made in Aosta”.

Questo gustosissimo formaggio deve il suo nome all’alpe Fontin, una località del comune di Quart, poco più di 2300 abitanti sparsi in numerose piccole frazioni che si arrampicano lungo il pendio delle montagne, e dove questo particolare tipo di formaggio fu prodotto per la prima volta nel secolo scorso.

Un’apposita legge nazionale tutela il marchio della fontina e ne indica le esclusive località di produzione e le caratteristiche: ogni imitazione è rigorosamente proibita.
La fontina, preparata in forme del peso che varia dai 10 ai 20 kg, è un formaggio di latte di mucca, fatto cagliare a 37-38 gradi, che viene immesso sul mercato dopo una stagionatura di 4-5 mesi.

Le mucche pezzate che forniscono il latte per questo formaggio sono animali un pò più piccoli della media, così da poter agilmente salire e scendere lungo i sentieri dei pascoli di alta montagna dove trascorrono l’estate. Uno dei segreti della bontà della fontina è dovuto proprio alle particolari qualità del formaggio che si trova negli alpeggi: erba fresca mescolata a fiori di montagna.

La fontina serve anche per preparare un piatto tipico della Valle d’Aosta, la fonduta, una crema prelibatissima, ottenuta facendo scaldare e sciogliere il formaggio fresco mescolato a latte e uova.

LA SCOPERTA DELL’AMERICA – PARTE 1

Cristoforo Colombo
Documenti notarili conservati nell’Archivio di Stato di Genova affermano senza possibilità di smentita che Cristoforo Colombo nacque a Genova nell’anno 1451, fra il 26 agosto e il 31 ottobre. Era il terzo di cinque figli nati dal matrimonio del padre Domenico con donna Susanna. Il papà di Cristoforo era un tessitore che, per arrotondare i proventi della famiglia, commerciava in vini e spezie e nella compravendita di case e terreni, ma senza molta fortuna, tanto che morì povero, lasciando sulle spalle dei figli numerosi debiti.

“Di età molto tenera entrai in mare navigando, e sono più di quarant’anni che seguo questa pratica”, scriveva con orgoglio nel 1501 Colombo ai sovrani di Spagna. Quindi, stando alle sue parole, si imbarcò come mozzo fra i 9-10 anni. Più tardi, in uno dei suoi viaggi, arrivò all’isola di Chio, nelle Sporadi, di fronte alle coste della Turchia e qui scoprì il pittoresco mondo degli affari e del commercio. Genovesi trafficavano assieme a greci, arabi, normanni, circassi, turchi e levantini. Cristoforo, che aveva imparato a leggere e scrivere dai frati di Santo Stefano e Santa Caterina, nei pressi della porta di Sant’Andrea a Genova, scoprì che era facile intendersi con tutti, bastava parlare un “latino maccheronico” imbarbarito da termini arabi, castigliani, veneziani e greci. Un “esperanto” internazionale che funzionava benissimo fra gente dai modi spicci.

PERCHE’ LA BANDIERA OLIMPICA HA CINQUE CERCHI

Nelle intenzioni del suo ideatore, il barone francese Pierre de Coubertin, che ne presentò il primo modello nel 1914, i cinque cerchi colorati che appaiono sul fondo bianco della bandiera olimpica simboleggiano i cinque continenti: il cerchio blu indica l’Europa, quello giallo l’Asia, quello nero l’Africa, quello rosso l’America e quello verde l’Oceania. E’ un chiaro richiamo allo spirito di universalità e di fratellanza fra i popoli della Terra, cui sono improntati i Giochi olimpici. La bandiera olimpica fu alzata la prima volta ai Giochi di Anversa nel 1920.

PERCHE’ SI SBADIGLIA

Si sbadiglia quando si è stanchi, assonnati, annoiati, o anche in seguito agli stimoli della fame o a sgradevoli sensazioni di caldo e di freddo. In tutti questi casi non si respira regolarmente come si dovrebbe e quindi il sangue non riceve a sufficienza l’ossigeno di cui ha bisogno. Di questa insufficienza se ne accorgono subito quei punti del cervello che presiedono al respiro. Questi punti nervosi, quando sentono che si è determinata una deficienza di ossigeno nel sangue, si mettono subito in azione e ci obbligano a respirare profondamente in modo da rifornircene. Infatti lo sbadiglio non è altro che una grande e improvvisa immissione di aria, così come lo starnuto non è che una violenta emissione d’aria dai polmoni. La più curiosa fra le caratteristiche dello sbadiglio è quella di essere contagioso: si sbadiglia, cioè, per imitazione quando si vede sbadigliare gli altri.

LA STORIA PRIMA DI CRISTO – PARTE 4

346 – Continua la campagna di espansione dei Macedoni al comando di Filippo II, un grande condottiero che crea il più formidabile Stato (Macedonia) militare della Grecia. Questo re voleva, come Pericle prima di lui, fare della Grecia un solo Stato e si proponeva poi di guidare un esercito contro l’Asia Minore e l’Oriente. Un sogno che realizzerà il figlio Alessandro.

338 – Atene e i suoi alleati marciano contro i Macedoni, ma vengono sbaragliati nella battaglia di Cheronea.

333 – Dopo aver unificato la Grecia, aver conquistato la Siria e la Fenicia, dopo essere stato proclamato faraone d’Egitto, Alessandro Magno guida 35 mila uomini attraverso i Dardanelli e sconfigge i Persiani.

331 – Alessandro penetra nel cuore dell’impero persiano, conquista Babilonia, Susa e infine Persepoli.

327 – Dopo aver consolidato il suo impero, Alessandro Magno avanza all’interno dell’India che egli ritiene il limite estremo del mondo, bagnata tutto intorno dall’Oceano. Ma qui le sue truppe si rifiutano di proseguire. Alessandro nel 323 rientra a Babilonia dove muore prima di realizzare il grandioso progetto di creare un impero greco-persiano.

324 -  In Atene scoppia lo scandalo dell’oro: Demostene, accusato di aver rubato il denaro depositato sull’Acropoli, è condannato e costretto alla fuga.

323 – L’impero di Alessandro viene diviso tra i suoi generali. Tolomeo prende l’Egitto, mentre Antigono sceglie gran parte dell’Asia Minore. Nei tre secoli successivi (fino alla morte di Cleopatra nel 30 a.C.) la cultura greca si diffonde in tutto l’Oriente. Il greco diventa la lingua dominante nell’area del Mediterraneo.

299 -  In Italia inizia la terza guerra sannitica. Si forma una Lega antiromana promossa dai Sanniti con Etruschi, Umbri, Sabini, Lucani e Galli.

290 – Con la resa dei Sanniti, i Romani estendono il loro potere oltre al Lazio, sull’Etruria, l’Umbria, la Sabinia, il Sannio e la Campania.
Intorno a questa data si colloca la costruzione del Colosso di Rodi, considerata una delle sette meraviglie del mondo.

285 – Viene costruito sull’isoletta di Pharos, nei pressi di Alessandria d’Egitto, un faro, considerato tra le sette meraviglie del mondo. Sulla sommità c’era una fiamma visibile in un raggio di 50 km.

280 – Pirro, ambizioso re dell’Epiro sbarca a Taranto con un grosso esercito e vince i Romani nella battaglia di Eraclea. Il successo di Pirro è dovuto agli elefanti, sconosciuti ai Romani.

278 – Pirro lascia perdere i Romani e si trasferisce in Sicilia, in aiuto di Siracusa contro i Cartaginesi. Inizialmente ottiene ottimi successi. L’anno dopo ritorna in Puglia, viene sconfitto dai Romani. Decide pertanto il ritorno in patria.

270 – Con la sottomissione di Taranto e l’occupazione di Reggio Calabria, il dominio romano è definitivamente stabilito su tutta la Magna Grecia e Roma diviene una potenza mediterranea.

Le forche caudine
E’ il 321 a.C. Roma combatte contro le tribù sannitiche una delle tre guerre scatenate per avere il controllo dell’Italia. I Sanniti occupano un vasto territorio, fra Napoli e il mare Adriatico, che comprende ricche città come Nola, Capua e Benevento. E’ proprio in provincia di Benevento che l’esercito romano, sorpreso in una gola, subisce una tremenda sconfitta. I Sanniti non si accontentano di vincere. Vogliono umiliare i nemici: fanno firmare ai consoli una pace vergognosa e costringono gli sconfitti a passare sotto il giogo formato da tre lance: le forche caudine. Perchè questa cerimonia crudele? La risposta è semplice. I Sanniti non erano più feroci dei loro rivali. Semplicemente hanno ripagato con la stessa moneta le atrocità subite dai Romani: torture, incendi, violenze sulle donne e sui bambini, razzie. Erano tempi di barbarie.

Tebe
Epaminonda, condottiero tebano, è una delle più nobili figure del mondo greco. Nato verso il 418 a.C., cresce con gli studi filosofici, la musica, la ginnastica, tenendosi lontano dalle fazioni politiche del suo Paese. Ma quando l’amico Pelopida fa cadere il governo dei signori di Tebe. Epaminonda diventa il più sicuro sostegno delle nuove libertà repubblicane. E’ lui che dà un nuovo ordinamento federale allo Stato e guida i tebani contro gli spartani invasori. Vince a Leuttra (371 a.C.), facendo combattere le falangi con il “metodo obliquo”, nuova tattica militare. Poi viene accusato ingiustamente di tradimento. Assolto, riprende il comando e continua la guerra contro Atene e Sparta alleate. Nella battaglia di Mantinea (362 a.C.) è ancora vittorioso, ma cade ferito a morte. Si fa estrarre la punta dell’asta e prima di morire raccomanda ai suoi concittadini di fare la pace.

Le conquiste dei Macedoni
I Macedoni, greci di origine, erano rimasti isolati dal resto del mondo greco tanto da essere considerati alla stregua dei barbari. Essi costituivano uno Stato unitario retto a monarchia e quando il re Filippo ne organizzò l’esercito, si trovarono ad essere un forte organismo politico alle spalle di un Paese ormani stremato e disgregato, sul quale non era difficile imporre il proprio dominio.

PERCHE’ CI SONO TANTI VULCANI IN ITALIA

Si potrebbe rispondere che l’Italia è un Paese d’origine vulcanica. Ma in questo modo non si spiega nulla e si sarebbe imprecisi.
La nostra penisola si è formata in epoca geologicamente molto recente ed è sorta dal mare per le spinte geologiche che hanno avvicinato il Nordafrica all’Europa. Fra queste zone continentali si trovava un mare, la Tetide, il cui fondo era attraversato da una frattura che comunicava direttamente con un grandissimo serbatoio di magma (e cioè di lava fusa). L’innalzamento del fondo marino ha portato in superficie sia i sedimenti sul fondo della Tetide (che ora formano i rilievi dell’Appennino e della Sicilia) sia quella frattura con i suoi vulcani.


Si può dire che tutti i vulcni d’’Europa (esclusi quelli dell’Islanda) si trovino in Italia. Il Vesuvio, l’Etna e lo Stromboli (nel gruppo delle Isole Lipari, a nord della Sicilia) sono i più importanti e conosciuti. Ma non sono i soli. Altri, in parte spenti o di scarsa attività, si trovano nell’Italia centrale e meridionale e persino nel fondo dei mari. I laghi di Vico, di Nemi, di Bracciano, di Genzano, di Albano si sono formati nei crateri di antichi vulcani. I Campi Flegrei, una zona a nord di Napoli, sono punteggiati da tanti vulcanelli. E nel golfo di Napoli sono di origine vulcanica le isole di Capri e di Ischia.

Altre regioni della Terra sono ugualmente ricche di vulcani, come le Antille, il Giappone e le Isole della Sonda. Una delle cause di questo fenomeno sta nel fatto che lungo certe linee del nostro pianeta vi sono fessure che mettono in comunicazione l’acqua del mare con il fuoco interno, proprio come nell’antico Mediterraneo. Se osservate bene una carta geografica, noterete che i vulcani si trovano quasi tutti nelle vicinanze del mare, e alcuni addirittura al centro degli oceani, come l’Islanda e le Isole Hawaii.

LA STORIA PRIMA DI CRISTO – PARTE 3

431 – Scoppia la guerra del Peloponneso tra Atene e Sparta. Gli Spartani invadono 'l’Attica e ne saccheggiano le campagne. Il conflitto fra le due città dura 27 anni. Poichè entrambe le parti avevano alleanze, amicizie e legami coloniali in tutto il mondo greco, non c’è città, isola o territorio che, dalla Sicilia e dall’Italia fino all’Asia Minore, non sia coinvolto nel conflitto.
I Romani ottengono delle vittorie decisive sugli Equi e sui Volsci.

413 – La spedizione ateniese contro Siracusa si risolve con un fallimento: gli Ateniesi sono fatti prigionieri e rinchiusi nelle cave di pietra. La sfortunata spedizione siciliana costa agli Ateniesi la perdita di 200 navi e di oltre quarantamila uomini. Gli Spartani invadono nuovamente l’Attica.

406 -  Mentre in Sicilia i Cartaginesi occupano Agrigento, Gela e Camarina, ad Atene si celebra un insolito processo. Gli Ateniesi, guidati da Conone, avevano colto una grande vittoria presso le isole Arginuse contro la flotta spartana comandata da Callicratida. Una tempesta aveva però impedito agli Ateniesi di salvare 4 mila naufraghi delle 23 navi affondate. Ad Atene gli ammiragli vengono condannati per non essere stati in grado di salvare i naufraghi. Il solo Socrate, che faceva parte del collegio dei giudici, vota per l’assoluzione.

404 – Con l’assedio e la resa di Atene termina la guerra del Peloponneso. Gli Spartani vincitori pongono delle dure condizioni: gli Ateniesi devono smantellare i cantieri navali del Pireo e abbattere le mura che uniscono la città al porto. Ad Atene si instaura un governo controllato da Sparta.

387 -  I Siracusani fondano la città di Ancona sull’Adriatico, una delle ultime colonie greche in Italia.

371 -  Per la prima volta nella storia l’esercito spartano viene sconfitto in campo aperto, a Leuttra, dall’esercito tebano comandato da Epaminonda e Pelopida.

370 -  Eudosso di Cnido definisce la durata dell’anno solare in 365 giorni e 6 ore ed elabora una teoria secondo la quale la Terra è una sfera.

Un barbaro a Roma
Brenno era il capo dei Galli Senoni, stanziatisi in Italia tra il Rubicone e il Metauro nel IV secolo a.C. Si ignora quale fosse il suo vero nome: i suoi uomini lo chiamavano brenn, che in celtico significa “capo”. Secondo una leggenda, Brenno era stato spinto da Arunte di Chiusi ad attaccare Roma. In sei anni di guerre aveva sottomesso l’Italia cisalpina e le terre tra Ravenna e il Piceno. Nell’anno 362 di Roma (390 a.C.) sconfisse i 300 componenti della famiglia dei Fabii, schierati sul fiume Allia per opporgli resistenza, ed entrò a Roma da trionfatore. La saccheggiò, uccise 80 patrizi che non avevano voluto abbandonare il Senato e bruciò parte della città. Poi si decise a eliminare l’ultima resistenza dei Romani, arroccata sul Campidoglio, ma lo starnazzare delle oche svegliò i difensori e i Galli furono respinti. Vista l’impossibilità di completare la conquista, Brenno pretese un tributo in oro e gioielli. Ma Camillo, alla testa di un forte esercito, lo sconfisse e lo costrinse a ritirarsi.

Un ateniese chiamato Socrate
Figlio di uno scultore e di una levatrice, Socrate nasce ad Atene nel 469 a.C. Esercita da giovane l’attività paterna, ma l’abbandona presto per dedicarsi alla filosofia. E’ allievo di Anassagora, ha una spiccata tendenza alla meditazione. Resistentissimo alla fatica e alla fame, rimane immerso nei suoi pensieri per intere giornate, in piedi e immobile. La forza morale è pari a quella fisica. Gira tutto il giorno per scuole e mercati, per conversare e discutere. E’ membro del Consiglio dei Cinquecento, la sola carica pubblica che riveste. Trascura ogni occupazione che possa procacciargli denaro: lascia la moglie Santippe e i tre figli in ristrettezze. Compie i propri doveri militari (combatte a Potidea, a Delo e ad Anfipoli), umilia i presuntuosi e i potenti. Alcuni lo venerano, altri lo disprezzano. Crede soltanto nella ragione, esorta i giovani a evitare le superstizioni, anche contro l’autorità dei padri e degli anziani. Viene accusato di empietà e di corruzione. Potrebbe facilmente sfuggire alla condanna capitale, ma beve la cicuta e muore. E’ il 399 a.C.

La rivalità tra Atene e Sparta
Scomparso il pericolo persiano, i Greci si trovarono ancora una volta divisi e incapaci di trarre profitto dalla grande vittoria. Sparta e Atene, le città migliori, cercarono di sfruttare ciascuna per proprio conto i vantaggi della nuova situazione, trascinando nella propria politica le città minori, finchè una lunga guerra trentennale stremò le loro forze preparando il terreno al dominio macedone.

LA STORIA PRIMA DI CRISTO – PARTE 2

490 – Scoppia la guerra greco-persiana: i Persiani occupano l’isola di Eubea dove distruggono Eretria; sbarcano nell’Attica, ma vengono respinti a Maratona dagli Ateniesi e Plateesi al comando di Milziade.

482 – In Atene Temistocle prevale nel conflitto con Aristide, che viene colpito da ostracismo ed esiliato.

480 – L’esercito persiano di Serse invade la Grecia. Trattenuto alle Termopili dalla resistenza di Spartani e Tespisi al comando del re Leonida, giunge poi in Attica e devasta Atene. A Salamina si scontrano le due flotte: i Persiani sono sconfitti.

479 – L’esercito persiano, ritiratosi dall’Attica, viene sconfitto dai Greci al comando del re spartano Pausania. Pausania marcia poi contro Tebe e si fa consegnare i fautori dell’alleanza con i Persiani e li uccide.

474 – Gli Etruschi vengono disastrosamente sconfitti in una battaglia navale, presso Cuma, dai Siracusani di Gerone. Il loro impero comincia a disgregarsi.

472 – Ad Atene si rappresentano i Persiani, la più antica tragedia, ispirata a vicende storiche contemporanee, di cui si conosce la data.

469 – L’ateniese Cimone infligge una disfatta ai Persiani alla foce dell’Eurimedonte, cattura l’intera flotta e neutralizza la potenza del “gran re” Serse. Nasce ad Atene Socrate: il suo pensiero filosofico diverrà fondamentale nella cultura occidentale.

464 – In Persia viene assassinato in una congiura di palazzo il grande re Serse.

459 – La flotta ateniese raggiunge il Nilo e sostiene i rivoltosi egiziani contro i Persiani.

458 – Artaserse I, re dei Persiani, autorizza il ritorno degli Ebrei in Palestina guidati da Esdra.

449 – Viene stipulata la pace tra Ateniesi e i Persiani. Questi ultimi riconoscono l’autonomia delle città greche dell’Asia Minore e si impegnano a non attaccarle.

445 – A Roma viene promulgata una legge che sancisce la legalità delle nozze tra patrizi e plebei.

438 – Ad Atene viene inaugurato il Partenone: per costruirlo ci sono voluti 9 anni.

433 – Ad Atene viene bandito il filosofo Anassagora: ha detto che il Sole è un metallo infuocato.

I Greci fermano l’avanzata persiana
Nella loro politica espansionistica, i Persiani tentarono di sottomettere tutta la Grecia. Tre furono le spedizioni contro di essa. La prima, voluta da Dario, portò alla sottomissione della Tracia e della Macedonia. La seconda puntò direttamente per mare su Atene e vide i Persiani battuti a Maratona e costretti a ritirarsi. La terza, guidata da Serse, registrò il trionfo dei Greci, finalmente uniti, nei confronti dell’enorme esercito persiano.

Pericle, un grande della Grecia
Pericle (495-429 a.C.): un uomo completo, un economista, un tecnico militare, un letterato, un artista, un filosofo. Era anche un bell’uomo, salvo un difetto: la testa piuttosto grossa e oblunga. Per questo gli scultori lo raffigurarono sempre con l’elmo spinto all’indietro. Il segreto dei suoi successi consistette nell’affrontare un solo problema alla volta, ma dopo averlo valutato a fondo. La sua arma fu l’eloquenza: incantava gli ascoltatori. La sua maggiore dote fu l’onestà. Con Pericle, Atene godette contemporaneamente dei privilegi della democrazia e dei vantaggi di una dittatura illuminata: assurdità realizzabile solo da un uomo fuori del comune. Le riforme di Pericle aumentarono sostanzialmente l’autorità del popolo: le sue intuizioni in economia fecero di Atene la terza potenza mondiale del tempo (con Cartagine e la Persia); le sue realizzazioni artistiche e urbanistiche resero l’Attica il più bel Paese della terra. Avrebbe anche voluto evitare le guerre (nel 477 indisse il Congresso della Pace). Pericle morì di peste durante la guerra del Peloponneso.

Le invenzioni
500: In India sorgono “industrie” per la raffinazione dello zucchero.

500-400: tappeto: il più antico tappeto conosciuto, annodato a mano, d’origine cinese o persiana, è stato trovato sui Monti Altai, al confine della Cina con la Mongolia.

450: battello pneumatico: lo storico Erodoto scriveva che centinaia di pelli, ricucite e gonfiate, fissate a un’intelaiatura di legno, servivano per traghettare sul fiume Tigri, in Mesopotamia, pesi fino a 150 tonnellate.

430: argano: il medico Ippocrate adoperò per la prima volta un argano per distendere gli arti ammalati dei suoi pazienti, mentre lo scienziato Archimede ne descrisse il funzionamento per sollevare e trascinare carichi e merci.

420: telegrafo: un sistema di telegrafia ottica, basato su segnalazioni con torce, viene usato in Grecia.

400: catapulta: si racconta che il tiranno di Siracusa Dionisio il Vecchio la utilizzò nelle guerre contro Cartagine.

390: carrucola: l’invenzione è attribuita al filosofo e matematico Archita, vissuto a Taranto.

LA STORIA PRIMA DI CRISTO – PARTE 1

539 – Con la conquista di Babilonia, Ciro II diventa il signore di un vasto impero (noto anche come impero Achemide, dal nome di Achemeres, un antico sovrano persiano) che comprende l’Asia Minore, la Mesopotamia, la Siria, la Palestina e gran parte dell’altopiano iranico.

536 – In Atene, con le prime rappresentazioni del carro di Tespi, si dà inizio alle prime gare teatrali.

534 – Il re di Roma, Tarquino il Superbo, sconfigge i Volsci e i Sabini.

532 – Il matematico e filosofo Pitagora giunge a Crotone dove si fa animatore di una comunità di uomini e donne (scuola pitagorica).

530 -  Muore in battaglia contro i Massageti (popolazione nomade di stirpe iranica) Ciro il Grande. Gli succede sul trono persiano il figlio Cambise II.

525 – Il re persiano Cambise II marcia dalla Palestina verso Sud con propositi di conquista. Ogni resistenza crolla. Cambise viene incoronato faraone e l’Egitto diventa una provincia dell’impero persiano.

524 – In Italia il tiranno Aristodemo di Cuma, detto Malakòs (l’effeminato), sconfigge gli Etruschi.

522 – Sale sul trono della Persia Dario che assume il titolo di “re dei re”; dopo aver domato una serie di rivolte divide l’impero in satrapie (province) rette da un governatore (satrapo).

520 – Dario fa incidere su una parete di roccia alta 90 metri, a Bisitun, un resoconto di come avesse consolidato il proprio impero. L’iscrizione, che si può leggere ancora oggi, inizia così: “Io sono Dario re, il re dei re, il re della Persia, il grande re delle province..”.

519 – In Grecia Atene e Platea alleate sconfiggono Tebe.

517 – Il re Dario inizia la costruzione della “strada regia” (2500 chilometri) che congiunge Susa, prossima al Golfo Persico, con Sardi, nella Lidia.

515 – In Palestina viene terminata la ricostruzione del tempio di Gerusalemme.

510 – In Sardegna, sotto la guida di Asdrubale, i Cartaginesi conquistano definitivamente l’isola ponendo la parola fine alla civiltà nuragica.

509 – Secondo la tradizione, a Roma, con la cacciata del re Tarquinio il Superbo, viene abbattuta la monarchia e si costituisce la repubblica, con a capo due magistrati, detti consoli, scelti annualmente tra i patrizi.

506 – Gli Etruschi del re Porsenna vengono sconfitti presso Ariccia dai Latini: la sconfitta segna il netto declino della supremazia etrusca nel Lazio.

500 – La potenza degli arabi Sabei si estende fino al litorale etiopico. L’architetto Eupalinos di Megara progetta e dirige la costruzione a Samo di una galleria sotto il monte Kastro, lunga 1240 metri, dove passa un acquedotto per il rifornimento dell’acqua. Vive in questo periodo il filosofo cinese Lao-tzu, al quale vengono attribuiti i fondamenti della religione taoista.

Le gesta “eroiche” dei Romani
Siamo nel 509 avanti Cristo. Le varie città latine e sabine massacrano le guarnigioni romane e uniscono le loro forze con quelle di Porsenna, re degli Etruschi, che a capo di un esercito confederato marcia verso Roma. Contro questa invasione, Roma, a sentire i suoi storici, fa miracoli. Muzio Scevola, penetrato nell’accampamento di Porsenna per ucciderlo, sbaglia bersaglio e castiga da solo la proprio fallace mano, stendendola su un braciere ardente. Orazio Coclite blocca da solo tutto l’esercito nemico all’ingresso del ponte sul Tevere mentre i suoi compagni lo distruggono alle spalle. Ma la guerra viene persa e queste stesse leggende lo provano. La loro esaltazione costituisce uno dei primi esempi di “propaganda di guerra”. Quando un Paese subisce una disfatta, inventa o esagera dei “gloriosi episodi” su cui richiamare l’attenzione dei contemporanei e dei posteri e distrarla dal risultato complessivo.

L’inventore dell’ostracismo
Clistène, nel 510, era al governo della città di Atene. Fu lui a inaugurare quel sistema di autodifesa delle istituzioni democratiche che si chiama ostracismo. Ogni membro dell’Assemblea popolare, di cui facevano parte 6000 persone, cioè tutti i capifamiglia della città, poteva iscrivere su un coccio (in greco òstrakon) il nome di un cittadino che, secondo lui, costituiva una minaccia per lo Stato. Se questa anonima denuncia veniva sottoscritta da 3000 colleghi, il denunziato veniva spedito al confino per 10 anni senza bisogno di un processo che accertasse le sue colpe.
Era un principio ingiusto e oltremodo pericoloso perchè si prestava a ogni sorta di abuso. Ma gli ateniesi lo praticarono con moderazione, anche se non sempre con pertinenza, perchè nei quasi 100 anni che fu in uso venne applicato soltanto in dieci casi. E il colmo della saggezza forse lo mostrarono facendone bersaglio proprio colui che l’aveva inventato. Quando uno scrisse sulla lavagna il nome di Clistène, la denuncia raccolse i 3000 suffragi richiesti dalla legge: così l’inventore dell’ostracismo fu ostracizzato.

La potenza dei Persiani
Nel sesto secolo prima di Cristo, i Persiani, come una potente marea, conquistarono l’Assiria, la Babilonia e l’Egitto, si sovrapposero a tutte le civiltà dell’Asia occidentale e crearono un unico impero.
La Persia, intorno all’anno Mille, era stata invasa da un gran numero di Ari che provenivano dalla regione montuosa del Caucaso. Iran, il nome che i Persiani diedero al loro Paese, significa “terra degli Ari”. Gli Ari avevano fondato due regni: quello dei Medi, a Sud del Mar Caspio e il regno del Parsa (Persia) a Est del Golfo Persico.

PERCHE’ L’ORO SI MISURA IN CARATI

Il carato è un’unità di misura usata per indicare il grado di purezza dell’oro espresso in ventiquattresimi. Perciò l’oro a 24 carati è l’oro puro; l’oro a 18 carati è invece una lega contenente 18 parti di oro fino a 6 parti di un altro metallo. Naturalmente più è basso il numero dei carati e meno vale l’oro. Ma attenzione: si chiama carato anche l’unità di peso usato per le perle e le pietre preziose. Poichè però il suo valore non era perfettamente uguale nei vari Paesi (per esempio in Francia equivaleva a 205,450 milligrammi, mentre in Olanda era pari a 205,700 milligrammi), da alcuni anni è stato adottato quasi ovunque il carato metrico, che corrisponde per tutti a 200 milligrammi.

 

LA GRANDE MURAGLIA CINESE

I cinesi sostengono che la Grande Muraglia aveva in origine una lunghezza complessiva di 9.980 km. Quanto sia lunga oggi non si sa con precisione. In questi ultimi venticinque anni ne è stata distrutta una parte per circa sessanta chilometri; un’altra parte è stata fatta saltare per la costruzione di una diga. Secondo alcuni la muraglia oggi si snoderebbe per circa 6.300 km.

Quest’opera ciclopica (le mura in certi punti sono alte 10 metri con uno spessore di 7 metri) non fu, come crede l’opinione comune, costruita in una sola volta, ma è il risultato del coordinamento di opere parziali preesistenti, costruite in epoche diverse, come difesa contro il feroce popolo degli Hsiung-nu.

Nel III secolo a.C. quando si realizzò l’unità dell’impero cinese sotto la dinastia Ch’in, furono completate le opere che unirono tutti i tronchi della Grande Muraglia.

LE CIVILTA’ BARBARE: I VANDALI

Sono due tribù – i Silingi e gli Asdingi – che abitano il corso superiore del Meno e la pianura della Pannonia. Germani che professano l’arianesimo (movimento religioso che nega la divinità nella persona di Gesù Cristo) e non hanno la forza di resistere agli Unni. Così attraversano il Reno e si stabiliscono in Spagna (Galizia e Andalusia). Siamo nei primi anni del Quattrocento e le due tribù si ricongiungono sotto la guida di re Gunderico. E’ lui a creare un embrione di Stato vandalo, fondato più sul sistematico saccheggio della regione che non su un’organizzazione politica e sociale.

Caso eccezionale fra le popolazioni barbariche, i Vandali si impadroniscono della tecnica delle costruzioni navali e della navigazione. Cominciano a compiere ardite azioni piratesche contro le isole Baleari e le coste africane.

Salito al trono Genserico (428-477), i Vandali si pongono l’ambizioso obiettivo di attaccare la più ricca provincia romana dell’Occidente, l’Africa. Sbarcano presso Tangeri nella primavera del 429 e occupano la Numidia e la Mauritania. Dopo la caduta di Cartagine, l’imperatore Valentiniano III firma con loro un trattato di pace. Ma i regolari scambi commerciali non pongono termine alle spedizioni piratesche. Vengono conquistate la Sardegna, la Corsica e le Baleari. Viene assalita dal mare e saccheggiata la stessa Roma (455) e occupata la Sicilia (dal 468 agli inizi del VI secolo).

Dopo le persecuzioni contro il culto cattolico, la solidarietà germanica comincia a incrinarsi. Nel 530, l’ultimo re vandalo, Ilderico, è deposto e sostituito da Gelimero. L’imperatore Giustiniano interviene in difesa del sovrano deposto. Nel giro di tre anni tutte le terre occupate dai Vandali vengono riconquistate.

Un politico astuto che odiava i Romani
Genserico è stato il più grande dei re vandali: stratega geniale in guerra, abile politico in pace, profondamente antiromano e persecutore dei cattolici. Ovviamente, anche crudele e spietato come tutti i barbari. E vendicativo. Proprio da una vendetta personale scaturisce il saccheggio di Roma nel 455. L’imperatore Valentiniano III aveva promesso sua figlia Eudocia in moglie al figlio di Genserico, Unerico. Era uno stratagemma per tenersi buono il barbaro che aveva già occupato mezza Africa. Ma dopo l’usurpazione imperiale di Petronio Massimo, per vendicarsi delle mancate nozze, Genserico attacca Roma e i Vandali fanno terra bruciata. Portano via anche molti prigionieri, comprese la stessa imperatrice Eudossia e le sue due figlie Placidia ed Eudocia (che poi sposerà davvero Unerico).

La potenza navale dei Vandali rappresenta un grave pericolo per l’Impero d’Occidente perchè i pirati di Genserico erano in grado di bloccare tutti i rifornimenti di grano che venivano dall’Africa. L’imperatore Maggioriano tenta di colpire i Vandali con uno sbarco in Africa (461) ma senza successo. Genserico, anzi, saccheggia di nuovo le coste italiane e greche e distrugge a Cartagine la flotta mandatagli contro dall’Imperatore d’Oriente.

Aspre persecuzioni contro i cattolici
Durissimo è l’atteggiamento dei Vandali verso i proprietari afro-romani sottoposti alla confisca dei beni, spesso esiliati quando non addirittura uccisi. E aspre le persecuzioni contro il clero cattolico la cui opera di proselitismo si temeva minasse la compattezza etnica e politica, oltre che religiosa, dei conquistatori.

Nonostante gli accordi stretti da Genserico con l’imperatore d’Oriente, accordi che portano a temporanee concessioni religiose alle popolazioni romanizzate, Unerico (477-484) riprende le persecuzioni anticattoliche. E ostile ai cattolici è anche il re Trasamondo (496-523) che accetta di entrare nella grande alleanza dei sovrani barbari promossa da Teodorico, re degli Ostrogoti, anche se poi, temendo per la propria autonomia, cerca di impedire che Teodorico eserciti la sua tutela sulla Spagna visigota. Ilderico (523-530) tenta un rovesciamento di politica, restaurando il culto cattolico e richiamando gli esiliati. Ma è troppo tardi perchè tra Vandali e cattolici si instaurino rapporti di reciproca fiducia. E poi il regno vandalo sta per finire.

PERCHE’ SI CHIAMA ENCICLICA

La parola enciclica deriva dal greco e significa semplicemente circolare. Un tempo si chiamavano lettere encicliche le circolari con cui i principi e i magistrati facevano conoscere leggi e disposizioni varie. Poi il termine è diventato di uso esclusivamente ecclesiastico ed è passato a indicare le dichiarazioni che il Papa rivolge ai vescovi di tutto il mondo su argomenti riguardanti la dottrina cattolica o particolari situazioni e questioni religiose e sociali. Le encicliche si distinguono dalle altre lettere pontificie in quanto sono indirizzate non a singole persone ma a tutta la Chiesa e contengono decisioni generali valide per tutti i fedeli.

Il Papa che per la prima volta usò ufficialmente questo nome fu Benedetto XIV, che il 3 dicembre 1740, poco dopo l’inizio del suo pontificato, scrisse una lettera ai vescovi intitolandola Epistola encyclica.

Il termine enciclica è usato anche al di fuori della Chiesa cattolica. Gli anglicani e gli ortodossi chiamano così le lettere circolari inviate rispettivamente dal loro primate o dal loro patriarca.

Le encicliche del Papa sono scritte generalmente in latino, lingua ufficiale della Chiesa cattolica, e vengono intitolate con le prime due o tre parole del testo. Tra le più famose si possono citare la Rerum novarum di Leone XIII, la Pacem in terris di Giovanni XXIII, la Populorum progressio di Paolo VI e la Redemptor hominis  di Giovanni Paolo II.

 

PERCHE’ AI POLI FA PIU’ FREDDO

I Polo terrestri, Artide e Antartide, sono caratterizzati da un clima freddissimo, perchè per alcuni mesi all’anno sono immersi in una notte continua e negli altri mesi sono raggiunti da raggi solari molto obliqui e quindi poco caldi.

Dalle rilevazioni fatte finora presso le stazioni scientifiche, risulta che fa più freddo al Polo Sud. Qui sono state infatti registrate le temperature atmosferiche più basse della Terra.

Il 9 agosto 1958, nella stazione Sovietskaya, in Antartide, il termometro scese a 86,7 gradi centigradi sotto zero. Due anni dopo, il 24 agosto 1960, in un’altra località dell’Antartide (la stazione russa Vostok) fu registrata la temperatura record di 88,3 gradi sotto zero.

 

LE GRANDI CIVILTA’: I CINESI

III millennio a.C.: primi insediamenti umani lungo le rive del Fiume Giallo.

II millennio a.C.: introduzione del bronzo.

1550 a.C.: la dinastia Shang unifica la popolazione in un regno ben organizzato. Nasce e si diffonde la scrittura ideografica.

1020 a.C.: i principi Chou rovesciano la dinastia Shang e regnano per circa otto secoli. E’ un periodo di disordini e repressioni sanguinose.

221 a.C.: la dinastia Chou viene deposta dal sovrano di Ch’in (una regione nord-occidentale), che prevale su tutti i rivali, riunisce sotto di sè l’intera Cina (che prende appunto il nome da Ch’in) e assume il titolo di Shi Huang-ti (primo imperatore), dando così inizio al Celeste Impero, che attraverso varie dinastie è durato fino al 1911. Per consolidare l’unificazione dello Stato l’imperatore stabilisce un solo codice di leggi, un solo esercito, un unico sistema di pesi e misure, un unico tipo di scrittura. La sua opera più imponente è la costruzione della Grande Muraglia.

206 a.C. – 220 d.C.:prima e seconda dinastia Han. Splendida fioritura delle arti, introduzione del Buddhismo, diffusione dell’agricoltura, produzione della seta e della porcellana.

265-420: dinastia Chin. L’Impero si divide in tre grandi Stati.

818-960: dinastia Tang. La Cina raggiunge il massimo della prosperità e della potenza.

960-1279: dinastia Song. La civiltà cinese è all’avanguardia nel mondo per potenza economica, organizzazione politica e sviluppo della tecnica e delle arti. Nel XIII secolo l’Impero si estende su una superficie di quasi due milioni di kmq, con una popolazione di circa 60 milioni di abitanti, cifra enorme per quei tempi.

1279: Gengis Khan, capo dei “cavalieri dall’arco e dalle frecce”, mongoli nomadi e guerrieri provenienti dalle regioni desertiche dell’Asia centrale, entra a Hangzhou, capitale dei Song, e si proclama imperatore della Cina, trasferendo successivamente la capitale a Pechino. Gli succede Tamerlano.

1368-1644: dinastia dei Ming. Cacciati i mongoli, viene consolidata la grande civiltà tradizionale cinese.

1644-1911: dinastia Ch’ing, proveniente dalla Manciuria. Viene incrementata l’agricoltura, ma l’aumento sproporzionato della popolazione impedisce un progresso economico.

1911: rivoluzione e proclamazione della Repubblica.

1949: avvento al potere del regime comunista.

Un esercito di terracotta
L’imperatore Shi Huang-ti si fece costruire un mausoleo gigantesco, al quale lavorarono 700 mila persone per 36 anni. E’ stato scoperto recentemente dagli archeologi e riveste un’eccezionale importanza: infatti gli scavi hanno permesso di ritrovare un vero e proprio esercito di terracotta costituito da migliaia di statue che raffigurano a grandezza naturale, ciascuna con diversi tratti fisionomici, i soldati e gli ufficiali dell’imperatore, con i loro cavalli e i carri schierati in perfetto ordine di battaglia. Secondo lo storico Sima Qian (136-85 a.C.) sotto il mausoleo c’era, ma non è ancora stato trovato, uno splendido palazzo che conservava un’enorme carta geografica in bronzo della Cina, dove i mari erano rappresentati da una massa mobile di mercurio che fluttuava, controllata da speciali meccanismi.

Un primato culturale
”Non c’è al mondo una città pari a Quinsay (Hangzhou, la capitale), nè capace di offrire allo stesso grado delizie che ci si crederebbe in Paradiso”. Così scrive Marco Polo, che soggiornò in Cina tra il 1271 e il 1291. Per secoli, fino a tutto il nostro Medioevo, la Cina fu il Paese che diede al mondo il maggior contributo tecnico-scientifico. Sono nate in Cina: la carta, la stampa, la bussola magnetica, la polvere da sparo, il timone centrale e i compartimenti stagni delle navi, la carta-moneta.

Gli esami di concorso
Sotto la dinastia Han lo Stato era una monarchia assoluta e burocratica. Assoluta perchè il potere era esclusivamente nelle mani dell’imperatore; burocratica perchè funzionari e impiegati, che dipendevano dallo Stato ed erano stipendiati, esercitavano tutte le funzioni di governo (ministri, governatori, giudici, capi militari, esattori delle tasse). I burocrati, detti mandarini, erano più di 2 milioni e costituivano un ceto privilegiato, reclutato secondo rigidi criteri, con esami di Stato, banditi per ordine dell’imperatore. Si trattava di una prova di cultura: gli aspiranti all’impiego dovevano dimostrare di avere buone conoscenze letterarie e storiche e di conoscere a fondo le regole della convivenza morale e civile. Buona educazione e cortesia erano infatti alla base della vita sociale. La carriera di funzionario civile era la più ambita e onorata. Chiunque poteva partecipare ai concorsi, anche se, in realtà, l’istruzione richiesta era quasi sempre appannaggio esclusivo dei nobili.

LE DIVINITA’ DEL MARE E DELLE ACQUE

Oceano. E’ il più antico dio delle acque ed era considerato il padre di tutti i fiumi. Le Oceanine, figlie di Oceano e Teti, erano ninfe che abitavano nei fiumi e nei ruscelli. Esiodo ne enumerava tremila.

Ponto. E’ un dio del mare, figlio di Gea, la terra.

Nereo. Rappresenta il lato bello, piacevole e benefico del mare: aveva il dono di predire l’avvenire. Era il padre delle Nereidi, cento ninfe, amiche dei naviganti.

Posidone. Fratello di Zeus, divenne a un certo momento il re indiscusso del mare.

Anfitrite. E’ una delle Nereidi, sposa di Posidone.

Tritone. Figlio di Posidone e di Anfitrite: l’immaginazione popolare se lo figurava in forma di uomo nella parte superiore e in forma di pesce dalla coda biforcuta nella parte inferiore. Quando soffiava dentro una conchiglia marina, si agitavano i flutti e sorgeva la tempesta.

Proteo. Custodiva per conto di Posidone il gregge delle foche e degli altri animali marini. Anche lui aveva il dono di predire il futuro.

Glauco. Era considerato il protettore dei marinai e dei naufraghi.

Posidone, il re del mare.
Figlio di Crono e di Rea, fratello di Zeus, Posidone regnava sul mare. Molte sono le leggende intorno a questa divinità. Si raccontava che abitava in un favoloso palazzo in fondo al mare e che faceva le sue passeggiate, impugnando un tridente, su un cocchio tirato da quattro tempestosi cavalli dalle unghie d’oro. Gli si attribuivano diverse mogli: la ninfa Anfitrite, che era quella ufficiale; Teofante, una fanciulla rapita in Macedonia; Alia, un’altra ninfa dalla quale ebbe sette figli. Si diceva anche che dalla Medusa aveva avuto come figlio Pegaso, un cavallo alato. Era padre anche di parecchi giganti e mostri, come Polifemo e Anteo. Polifemo è il ciclope che fu accecato da Ulisse. Per questo episodio l’eroe di Itaca si attirò l’odio e la maledizione di Posidone, che lo fece girare per i mari per 10 anni prima di permettergli di rientrare in patria. Anche il gigante Anteo non ebbe miglior fortuna. Re della Libia, obbligava i passanti a lottare con lui. Era invincibile se toccava con i piedi la terra. Anteo si imbattè in Ercole, il quale per sopraffarlo lo tenne sollevato da terra e lo soffocò con una stretta delle sue braccia poderose.

Scilla e Cariddi, nemiche dei marinai
Scilla era una bellissima ninfa che si innamorò di Glauco, una divinità del mare. Per conquistare il suo amore ebbe l’infelice idea di chiedere un filtro alla maga Circe, la quale era anch’essa innamorata di Glauco. Per liberarsi dalla concorrente, la maga avvelenò la fonte nella quale era solita bagnarsi Scilla. Accadde che la ninfa, entrata nella fonte, da bellissima che era diventò un orribile mostro latrante, con sei teste dalle bocche irte di denti. Disperata, Scilla si gettò in mare e gli dèi la trasformarono in uno scoglioformato da caverne mugghianti, divoratrici di marinai. Lo scoglio si trovava proprio di fronte a una rupe altrettanto pericolosa, Cariddi.

Cariddi, figlia di Posidone e di Gea, in origine era un mostro femmina dedito alla rapina. Per avere rubato a Ercole alcuni buoi, Zeus la fulminò, facendola cadere in mare dove era diventata quella rupe che tre volte al giorno inghiottiva e rivomitava le acque dello stretto fra la Sicilia e la Calabria.

Polifemo, un mostro alto cinque metri
Polifemo era un mostro alto cinque o sei metri che viveva selvaggiamente in un’isola: passava la sue giornate a pascolare le sue pecore e quando capitava qualche marinaio nell’isola se lo mangiava. Era infatti un cannibale, come UIisse, finito nella sua grotta, dovette constatare quando alcuni suoi marinai finirono in bocca del gigante. Aveva origini divine: il padre era Posidone, il dio del mare, e la madre si chiamava Toosa, una ninfa marina, abbastanza triste e nervosa, che diventava allegra solo quando vedeva il mare in tumulto. Nella terra di Polifemo vivevano altri ciclopi tutti di dimensioni gigantesche. Erano chiamati ciclopi perchè, come i più famosi figli di Gea e Urano, avevano un occhio solo in mezzo alla fronte.

PERCHE’ SI CHIAMA ANNO BISESTILE

L’origine dell’anno bisestile risale all’antica Roma. Fu Giulio Cesare che decise di operare una radicale riforma del calendario e che istituì il ciclo quadriennale, composto da tre anni di 365 giorni e da uno di 366. Quest’ultimo fu chiamato bisestile perchè il giorno in più veniva intercalato tra il 23 e il 24 febbraio, cioè si contava due volte il sesto giorno prima delle calende di marzo (in latino questo giorno in più si chiamava infatti bix sexto kalendas Martias. Le calende erano nel calendario romano i primi giorni di ogni mese).

Perchè cade ogni 4 anni? Perchè la Terra compie il giro completo intorno al Sole nel tempo di 365 giorni e un quarto, perciò ogni 4 anni si ha un giorno in più.

Ma nel 1582 vi fu un’altra riforma del calendario, attuata da papa Gregorio XIII. Da calcoli più accurati ci si era accorti che l’anno solare non era esattamente di 365 giorni e un quarto (365,25), ma variava, secondo Copernico, da un massimo di 365,2472 a un minimo di 365,2381. Questa piccola differenza aveva fatto sì che il calendario giuliano si trovasse in ritardo di 10 giorni. Gregorio XIII ordinò quindi che si passasse dalla data di giovedì 4 ottobre 1582 a quella di venerdi 15 ottobre e, per evitare che si accumulassero in futuro altri ritardi, si stabilì che di tutti gli anni centenari venissero considerati bisestili soltanto quelli multipli di 400. Perciò l’anno Duemila è stato regolarmente bisestile, mentre il 1700, il 1800 e il 1900 hanno avuto soltanto 365 giorni.

 

LE DIVINITA’ DELL’INFERNO

Ades. Fratello di Zeus, re dell’Olimpo, e di Posidone, re delle acque.

Ecate. E’ la dea delle apparizioni notturne.

Erinni. Sono le dee della vendetta: punivano soprattutto i crimini compiuti a danno di parenti. Furono designate con i nomi di Aletto (la inquieta), Tersifore (la punitrice dell’omicidio) e Megera (la odiosa). Secondo Esiodo, le Erinni erano nate dal sangue che cadde sulla terra dalla ferite di Urano quando questi ingaggiò una furiosa lotta con il figlio Crono.

Chere. Divinità terribili che si aggiravano nei campi di battaglia, avvolte in un mantello insanguinato.

Tanato. Figlio della Notte, abitava nell’inferno e veniva sulla terra a sorprendere i mortali.

Sonno. Fratello gemello di Tanato, era un dio buono.

Ades, il più odiato
Figlio di Crono e di Rea, fratello di Zeus, Ades era il custode e sovrano del regno dei morti. Quando diventò capo incontrastato dell’Olimpo, Zeus divise con i fratelli il dominio dell’universo: ad Ades fu assegnato il mondo sotterraneo e a Posidone toccò il regno delle acque. Pur essendo il più odiato degli dèi, essendo il suo nome legato alla morte, Ades è il protagonista della più bella leggenda che la mitologia greca ci ha tramandato: quella di Persefone, la dea giovinetta, figlia di Demetra, patrona delle campagne. Un giorno mentre coglieva i fiori in un prato Persefone fu rapita da Ades, che la portò con sè nel suo mondo sotto terra, dove fu proclamata regina dei morti. Frattanto la madre, disperata, errava per le campagne alla ricerca della ragazza scomparsa. Anche di notte la si vedeva camminare, agitando una fiaccola. Zeus, impietosito, le concesse di scendere nel regno dei morti e di riprendersi la figlia, se questa avesse acconsentito a seguirla. Ma Persefone si era ormai affezionata al suo sposo e al suo ruolo di regina. Si arrivò a un compromesso: per sei mesi l’anno la giovane dea averebbe vissuto sulla terra accanto alla madre; per gli altri sei mesi sarebbe ridiscesa nel regno sotterraneo.

I SEGNI DELLO ZODIACO: I PESCI

Chi nasce col Sole nei Pesci, dal 19 febbraio al 20 marzo, è, secondo gli astrologi, un tipo dolce e disponibile. Di fatto, in questo periodo, si verifica l’allineamento Terra-Sole-Costellazione dell’Acquario. Quindi tutti i “Pesci” dovrebbero essere eccentrici e contestatori, come sarebbero quelli che nascono col Sole nell’Acquario.

Cupido o Amore, come veniva chiamato dai Romani, o Eros, come veniva chiamato dai Greci, era un monellaccio terribile che scoccava le sue frecce contro dèi e mortali. Alla sua nascita Giove tentò addirittura di eliminarlo prevedendo i danni che avrebbe combinato.
Per questo motivo, sua madre Venere (così chiamata dai Romani, mentre dai Greci era detta Afrodite) dovette nasconderlo in un bosco e farlo allevare dalle bestie feroci.
Appena grandicello, Cupido si costruì un arco di frassino e iniziò a scagliare le sue frecce provocando molte volte la reazione della mamma, che spesso doveva punirlo.
Ma, per sottrarlo a una terribile vendetta contro di lui, fu costretta a tramutarlo e tramutarsi in pesce.
Da questo episodio mitologico nasce la Costellazione dei Pesci, composta in prevalenza da stelle poco luminose.
Le più importanti sono comunque tutte doppie e facilmente separabili con un semplice binocolo.
”Alfa Piscium” o Alrescha (dall’arabo el-Rischia, “la corda”), è una stella doppia distante da noi 120 anni luce.
”Zeta Piscium” è composta da una stella dieci volte più luminosa del Sole e da una compagna distante dalla Terra circa 160 anni luce.
”55 Piscium” è composta da una coppia di stelle colorate; arancio-rossa l’una e azzurra l’altra.
Nei Pesci troviamo anche M74, una nebulosa a spirale di tipo Sc (Spirale con spire molto lunghe), visibile con un buon cannocchiale.
Le stelle della Costellazione dei Pesci non sono molto luminose. Per localizzarle conviene partire da riferimenti stellari più facilmente riconoscibili.
Osservando attentamente la nostra carta del cielo possiamo individuare la Stella polare. Da questa ci spostiamo verso il nostro zenit passando sulla “W” di Cassiopea, poi, proseguendo verso sud, attraversiamo il grande quadrato di Pegaso.
Subito sotto possiamo osservare le numerose stelline dei Pesci. Queste formano una fila verso est fin quasi a toccare la stella Mira della Costellazione della Balena.
In questo punto la fila forma un angolo acuto e prosegue in direzione dello zenit per tornare nei paraggi di Pegaso.
La luminosità di una stella, così come noi la percepiamo, dipende dalla sua reale luminosità, nei confronti del Sole, e dalla sua distanza.
Deneb, per esempio, è quasi 60.000 volte più luminosa del Sole ma, nella graduatoria generale delle luminosità stellari, è solo diciannovesima perchè lontanissima.
Sirio, che è la stella più brillante del cielo, è “soltanto” 23 volte più luminosa del Sole.

LE REPUBBLICHE MARINARE – AMALFI

Mille anni fa Amalfi aveva più oro, argento, stoffe preziose di qualunque altra città. Contava più di Napoli: nelle sue strade principi arabi si incrociavano con mercanti africani e capi di spedizioni che arrivavano persino dall’India. Uomini d’affari amalfitani avevano preceduto Venezia nel crearsi un loro quartiere a Costantinopoli, che era allora il centro della terra: colonie di Amalfi, banche, case di commercio prosperavano lungo tutta la costa mediterranea e nell’interno: a Tunisi e Tripoli, Alessandria e Antiochia, la Puglia e la Campania.

Sorgevano in città chiese e palazzi destinati a sfidare i secoli: gli architetti amalfitani sapevano scegliere il meglio fra l’arte araba e quella siciliana. Stretta fra il mare e un gruppo di montagne alle spalle, Amalfi era molto più estesa del paese di 5000 abitanti che ancor oggi continua ad attrarre folle di turisti. Nel 1010 una tremenda mareggiata spazzò via il porto, tragedia che si ripetè nel 1343 e, quasi ai nostri giorni, nel 1924; ma periodicamente grosse frane rovinavano a terra, fino a riempire le acque del porto. Anche nell’antichità gli amalfitani non avevano troppo spazio per vivere e cercarono potenza e ricchezza nell’unico modo possibile, lanciandosi per le vie del mare. Impegnata in un primo tempo nella difesa dalle scorrerie saracene. Amalfi si scontrò intorno al 900 con l’Impero bizantino. Erano in pericolo i suoi traffici nel Mediterraneo; così cambiò alleanza unendosi ai musulmani e arrivando a permettere che le loro bande saccheggiassero le terre dei longobardi e persino del Papa. Nuova svolta pochi anni più tardi, ancora in lotta contro i saraceni: che non era però un disinvolto sfruttamento di beghe altrui ma piuttosto un modo per non venire schiacciati da avversari troppo forti. In primo luogo i normanni, verso i quali Amalfi un pò si ribellava, un pò era costretta a trattare.

L’invenzione della bussola
In quell’epoca, e anche in seguito, chi si avventurava per mare seguiva le regole dettate dalle Tavole amalfitane, un codice di diritto commerciale marittimo fatto proprio da quasi tutte le potenze mediterranee. Ad Amalfi fu perfezionata la bussola, strumento indispensabile per i marinai, già noto a cinesi e arabi che non avevano saputo però collegare l’ago calamitato alla Rosa dei venti. C’è la leggenda di Melchiorre Gioia, o Flavio Gioia secondo altri, personaggio che ad Amalfi si considera come l’inventore della bussola, ma nella realtà non sembra sia mai esistito: mentre vissero e si arricchirono quei navigatori di cui non ci è stato tramandato il nome, espertissimi nell’affrontare le onde così come nel trovare la rotta attraverso quella lancetta imperniata in una scatola di legno.

La decadenza
Per cinquant’anni e più, durante l’undicesimo secolo, gli amalfitani tentarono di contrastare l’invadenza normanna: ma troppo forte era lo squilibrio. Qualche rivolta, molte concessioni al nemico finchè, dopo il 1100, si affacciano al Sud le navi di un’altra città in fortissima espansione, Pisa. I pisani fanno concorrenza ad Amalfi nei ricchi mercati d’Oriente; qualche volta la rivalità commerciale provoca scontri armati. Nel 1135 i pisani vengono chiamati dal principe di Capua che cerca anch’egli di opporsi ai normanni. Quando la flotta pisana, 46 navi, compare all’orizzonte, gli amalfitani non si aspettano un attacco. Subiscono una strage, seguita da un tremendo saccheggio. Amalfi, già in decadenza, è praticamente messa in ginocchio. Non si risolleverà più. La stessa sorte che subirà Pisa, nei secoli successivi, ad opera di Genova.

LE DIVINITA’ DELLA TERRA

Gea. Madre di tutti gli esseri.

Rea. Figlia di Urano e madre di Zeus.

Dioniso. Figlio di Zeus, era il dio del vino e della viticultura.

Sileno. Amico di Dioniso, era un vecchio dal naso rincagnato, la testa calva, grasso e tondo come un otre di vino.

Pan. Figlio di Ermes e della ninfa Penelope aveva i piedi di capra, due corna sulla fronte, una lunga barba e il corpo peloso.

Priapo. Figlio di Dioniso e di Afrodite era il dio dell’abbondanza.

Demetra. Sorella di Zeus era considerata la madre della Terra.

Gea, la prima madre
Prima c’era il Caos, poi spuntò Gea, la terra. Così gli antichi Greci raccontavano le origini del mondo e degli dèi. Gea generò da sola il Cielo, il mare e le montagne. Si scelse come sposo il Cielo che si chiamava Urano ed ebbe molti figli. Nacquero dapprima i Titani, sei maschi e sei femmine; poi i Ciclopi che non sono da confondere con quelli che incontrò Ulisse: avevano anch’essi un occhio solo in mezzo alla fronte. Erano tre e si chiamavano Bronte, Sterope e Arge. Poi vennero alla luce anche tre mostruosi giganti che avevano centro braccia, Cotto, Briareo e Gige. Dall’unione con il mare, Gea ebbe altri figli, tutte divinità specializzate con le acque: Nereo, padre delle ninfe Nereidi; Taumante, padre dell’arcobaleno; Forchi, Cheto e altri.

Quando scoppiò la guerra tra Crono e Zeus per il dominio dell’universo, Gea rimase neutrale: combattevano tra di loro tanti suoi figli, gli uni armati contro gli altri. L’unica soddisfazione di Gea era quella di vedere i suoi figli sempre in vita, essendo tutti immortali. Ma quando Zeus, sconfitti i nemici, imprigionò alcuni titani nell’inferno, Gea si ribellò. Si unì con l’inferno e diede alla luce un altro mostro, Tifone: aveva cento teste di drago che vomitavano fuoco. Sobillato dalla madre, Tifone dichiarò guerra a Zeus. Altra feroce lotta che si protrasse per diversi anni e che si concluse con la vittoria di Zeus: Tifone finì nel Tartaro, l’inferno degli dèi.

BASILICATA: L’ORZO

I due nomi con cui questa regione è chiamata, Basilicata e Lucania, fanno riemergere un passato davvero remoto. Basilicata deriva dal greco basilikòs (emissario del re) e risale al periodo di dominazione bizantina quando il territorio era governato da un rappresentante dell’imperatore d’Oriente. Ciò ci richiama alla mente il succedersi delle grandi civiltà che sono state via via protagoniste della storia di questa regione: Greci, Romani, Normanni, Svevi. Nessuno riuscì però a rompere l’isolamento della zona. Lucania, invece, deriva dal latino lucus (bosco). Un tempo, infatti, le pendici dei monti, che occupano gli otto decimi della regione, erano ricoperte di fitti boschi.

Oggi la Basilicata è in gran parte arida e brulla a causa di un’opera di progressivo disboscamento che ha prodotto danni gravissimi. Erosioni, frane, smottamenti, straripamenti di fiumi sono da imputare all’intervento insensato dall’uomo sul territorio nel corso dei secoli. Così si è venuta sempre più aggravando la povertà di questa regione, la più piccola dell’Italia meridionale, la meno abitata e una delle più colpite dal fenomeno dell’emigrazione.
La principale fonte dell’economia locale resta l’agricoltura, ma si tratta di un’agricoltura povera. Qualche miglioramento si è avuto grazie a interventi di bonifica abbastanza recenti e a opere di canalizzazione per l’irrigazione dei campi, oltre che a interventi di rimboschimento.
Le zone più fertili sono la piana di Metaponto e le valli dell’Ofanto e dell’Agri; le pianure occupano solo l’8 per cento del territorio. Le coltivazioni più diffuse sono quelle dei cereali, prima di tutto il grano. Altri cereali coltivati in questa regione sono il granoturco, l’orzo e l’avena.

La produzione di cereali è stata stimolata anche dalla riforma fondiaria con la distribuzione di case e terre ai braccianti e con l’incremento della meccanizzazione e della concimazione chimica. In questo modo si cerca di migliorare il tenore di vita dei lucani, senza per altro snaturare la loro tradizione agricola, che ha radici lontanissime nel tempo: sulle monete rinvenute in Basilicata tra le antiche rovine dei centri greci e romani, c’è impressa una spiga d’oro, simbolo di questa terra.

I SEGNI DELLO ZODIACO: IL TORO

Secondo gli astrologi, i nati dal 21 aprile al 21 maggio appartengono al segno del Toro perchè in quel periodo si verificherebbe l’allineamento Terra-Sole-Costellazione del Toro. In realtà, per gli spostamenti astrali avvenuti nel corso dei secoli, i tori vengono oggi a trovarsi nel segno dell’Ariete.

La Costellazione del Toro è una delle più belle del firmamento. Il suo nome deriva dalla mitologia greca e si riferisce al famoso ratto di Europa, quando Giove, per ingannare e rapire la bella figlia di Agenore, re di Tiro in Fenicia, si trasformò in un toro giovane e mansueto.

Nel Toro brilla Aldebaran (“alfa” Tauri), stella di prima grandezza visibilissima a occhio nudo. Si tratta di una gigante rossa con una luminosità quasi cento volte quella del Sole. “Al dabaran” in arabo significa “la successiva”, cioè la stella che segue le Pleiadi, mentre i Romani la chiamarono “palilicium” perchè, al suo tramonto, venivano celebrate le feste Palilie, divenute poi le feste per il “natale di Roma”.

Et Nath (“beta” Tauri) è anch’essa visibile a occhio nudo e si trova sulla punta più alta delle due corna del toro, mentre “zeta” Tauri, corrisponde alla punta del corno inferiore. Questa stella è una binaria (ha una compagna ravvicinata praticamente invisibile) ed è duemila volte pù luminosa del Sole.

Gli oggetti stellari più famosi della Costellazione del Toro sono gli ammassi stellari aperti delle Iadi e delle Pleiadi. Le Iadi si trovano in prossimità di Aldebaran e formano la testa del toro. Si tratta di un gruppo di 150 stelle distanti dalla Terra 130 anni luce. Le Pleiadi erano ben conosciute dagli Egizi che al loro sorgere, in novembre, le collegavano ai riti per la commemorazione dei morti.

Virgilio e Ovidio citano e cantano spesso le Pleiadi. I latini chiamarono le 7 stelle visibili di questo ammasso con i nomi delle 7 figlie di Pleione e di Atlante.
In realtà a occhio nudo se ne scorgono solo 6 e questo perchè Merope, una delle 7 sorelle, sposò un mortale, Sisifo, compromettendo la sua ascesa fra gli astri. Gli astronomi arabi, più acuti e precisi, ma certo meno poetici, chiamarono le Pleiadi “da-giagia-as-sama-nabanatihi”, “la gallina celeste con i suoi pulcini”.

Nella Costellazione del Toro si trova il corpo forse più straordinario dell’Universo. Si tratta della famosa Nebulosa del Granchio, M1, vicino alla punta inferiore delle due corna. M1 è ciò che resta della grande esplosione di una stella avvenuta nel luglio del 1054 e osservata dagli astronomi cinesi e giapponesi del tempo.

Dal periodo Precambriano, circa 750 milioni di anni fa, possono essere esplose almeno 10 stelle, e ciascuna di queste esplosioni avrebbe potuto produrre effetti letali su alcune specie viventi del nostro pianeta. La scomparsa dei dinosauri, ad esempio, potrebbe essere stata causata da una di queste terribili catastrofi cosmiche.
La Nebulosa del Granchio è diventata una vera e propria miniera di informazioni per la moderna astronomia, rivelando molti segreti sulla vita delle stelle e permettendo scoperte clamorose come quella dei “little green men” o “piccoli uomini verdi”, così come venne chiamato il primo segnale radio a intermittenza regolare proveniente dal suo interno. Si trattò, in realtà, della scoperta della prima “pulsar” o “stella pulsante”.

VENETO: IL VETRO

Il vetro fa parte della storia del Veneto: all’epoca dell’Impero romano, Aquileia, importante porto dell’Adriatico settentrionale, era già un centro famoso per la lavorazione del vetro, che all’arrivo dei barbari, secondo la leggenda, fu trasferita a Venezia. Il documento più antico che attesta l’esistenza di quest’arte è del 982. Si tratta dell’atto di donazione della chiesa di San Giorgio Maggiore ai Benedettini e porta la firma di un certo “Domenico fiolario”, cioè Domenico “vetraio”, visto che “fiola” indicava una bottiglia di vetro dal collo stretto. Questo per quanto riguarda l’Italia, ma si sa che in Egitto, già nel II millennio avanti Cristo, si fabbricavano amuleti, scarabei, piccole maschere e vasetti per unguenti e profumi in vetro.

Da Venezia le fornaci per la lavorazione del vetro furono trasferite nell’isola di Murano che tuttora è il centro più importante di produzione del vetro, nel 1271. Questo trasferimento fu motivato dal pericolo di incendi rappresentato dai forni a legna, ma doveva servire anche a proteggere il patrimonio di conoscenze e di oggetti artistici dell’industria vetraria.

Alla fine del Quattrocento la fama dei vetri di Murano era diffusa in tutto il mondo. Nel Settecento il tradizionale predominio veneziano in questo campo fu messo in crisi dai progressi tecnici e artistici dei vetrai inglesi, francesi e boemi. Il divario sarà colmato solo a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. La rinascita definitiva avviene nel nostro secolo ad opera di grandi famiglie di maestri del vetro soffiato che iniziano una fruttuosa collaborazione con famosi artisti e al cui nome è legata la migliore produzione di vetri veneti: Barovier, Toso, Ferro, Seguso, Moretti.
Venezia è la patria dei vetri d’arte, di cui ora esistono collezioni di inestimabile valore. Alla base della lavorazione del vetro sta un impasto di silice e soda fornito dalla cenere di piante marine: il vetro così composto si mantiene allo stato pastoso a lungo, permettendo al maestro vetraio di plasmarlo. Su questa base si sono innestate nei secoli varie tecniche che hanno dato vita a oggetti di incredibile varietà di spessore, forma, colore e decorazioni. I segreti dei maestri vetrai e degli artisti che lavoravano con loro erano racchiusi nei “libretti delle composizioni” per il perfetto dosaggio delle polveri, che venivano tramandati di padre in figlio sul letto di morte.

Attualmente le vetrerie di Murano, isola della laguna veneta, sono moltissime con qualche migliaio di dipendenti e un fatturato di parecchi milioni di euro all’anno. Una buona parte dei vetri prodotti viene esportato all’estero, soprattutto in Giappone e Stati Uniti.

LE CIVILTA’ BARBARE: I BRITANNI

Britannia è il nome celtico dell’Isola di Gran Bretagna. Quando vi giungono i Romani, nel primo secolo a.C., trovano una popolazione divisa: i Canti (nel Kent), i Regni (a Chichester), i Dumnonii (in Cornovaglia), i Siluri (nel Galles), i Caledoni (in Scozia) e i Briganti (a sud del Tamigi). Sono abili agricoltori e guerrieri indomiti. Hanno organizzazione politica e costumi religiosi molto simili a quelli della Gallia, strettamente legata alla Britannia anche durante le guerre galliche.

Dopo le campagne di Cesare (55-54 a.C.), l’isola è soggetta a un tributo annuo, ma rimane indipendente sino alla conquista compiuta da Claudio (43-48 d.C.) che costituisce a provincia la parte sud-orientale. Remota, di difficile accesso ed esposta alle invasioni del Nord, la Britannia costringe i Romani a lasciarvi una guarnigione di tre legioni più gli auxilia, gli aiuti (circa 50 mila uomini). A questa prima fase della colonizzazione va riferito l’ampliamento delle vie strategiche, con la conseguente sistemazione delle fortificazioni di frontiera: i due valli costruiti da Adriano e da Antonino Pio (dal 122 al 142).

La seconda fase della romanizzazione culmina nel IV secolo e stabilisce una struttura sociale ed economica basata sulla “villa”, intesa come azienda agricola.

I Romani cominciano a evacuare l’isola nel 410 e da allora la Britannia viene invasa da Angli, Sassoni e Luti che arrivano dal continente. Una parte dei Britanni si rifugia nell’Armonica, che da allora prende il nome di Bretagna. La Britannia romana lentamente scompare e anche il cristianesimo, introdotto all’inizio del III secolo, va declinando. La regione verrà poi convertita al cristianesimo nel secolo VI.

La regina Bondicca sola contro Roma
Bondicca è il nome latino della regina degli Iceni. Era una donna giovane, bella e coraggiosa. Fu lei, attorno al 60 d.C., a ribellarsi agli invasori Romani e a tentare la riconquista dell’isola. Il suo popolo, gli Iceni, abitava insieme con i Trinovanti il territorio a nord dell’estuario del fiume Tamigi. Scintilla della ribellione furono gli abusi e le crudeltà compiute dalle legioni di Svetonio Paolino. Bondicca raccolse accanto a sè un pugno di valorosi e diede battaglia. Vinse i primi scontri, infiammò di libertà una fetta dell’isola. Ma da Roma arrivarono altre regioni e fu lo stesso Svetonio Paolino a soffocare la rivolta. Bondicca, piuttosto che consegnarsi al nemico, si tolse la vita.

L’usurpatore Carausio imperatore per tre anni
Aurelio Carausio, un romano di umili origini che era riuscito a diventare prefetto della flotta della Manica, nel 286 d.C. viene incaricato di dare la caccia ai pirati franchi e sassoni che saccheggiano le coste dell’isola. Carausio, che è un abile ammiraglio, distrugge le navi nemiche. Ma poichè è anche sfrenatamente ambizioso, subito dopo la vittoria si ribella a Roma: occupa la Britannia e il nord della Gallia. E nel 293 si proclama imperatore, dopo aver sconfitto le truppe di Massimiano. Diocleziano finge di riconoscerlo ufficialmente, ma intanto prepara un tranello. Che scatta quando l’usurpatore viene ucciso da Allecto, un suo ufficiale al quale è stato fatto credere che avrebbe potuto sostituirlo. Nel 296 l’autorità imperiale è ristabilita da Costanza Cloro e la Britannia da allora viene amministrata sotto forma di quattro province separate.

Le terme di Bath
La cultura romana dominò, senza soffocarla, l’antica tradizione celtica. Benchè la provincia non riuscisse a esprimere un vero e proprio stile romano-britannico, apporti indigeni sono ritrovabili in molte espressioni artistiche e artigianali. Tra i più significativi resti architettonici vanno ricordati il tempio di Claudio a Camulodunum (Colchester) e nella città di Bath (l’antica Aquae Salis) il grande edificio termale e il tempio di Sul, dea delle sorgenti calde assimilata a Minerva. Notevoli anche le decorazioni (famosi i mosaici di Lullingstone) delle dimore di campagna.