LA CRITICA ROMANTICA E FRANCESCO DE SANCTIS
Fino alla fine del '700 la critica dominante in Italia era quella classicista di tipo tradizionale, rivolta a considerare la forma dell'opera d'arte e del contenuto sotto l'aspetto strutturale, secondo precetti e regole.
Il Romanticismo opera un rinnovamento sostanziale nei metodi della critica letteraria; l'interesse dei critici si volge a ricercare i motivi ispiratori dell'opera d'arte, inquadrando le varie espressioni della poesia e dell'arte nella loro epoca, interpretandola secondo le esigenze del pensiero, i motivi di vita, gli impulsi di civiltà caratteristici all'epoca della loro origine.
Ne risulta una storiografia letteraria mirante alla sintesi, tendente ad associare il fatto artistico e quello storico. In pratica la critica romantica porta alla rivalutazione di aspetti culturali, di fatti artistici, di espressioni poetiche prima male valutate e ignorate a causa di pregiudizi di varia natura.
Si scoprono così l'epica medievale, la poesia provenzale, il teatro spagnolo e inglese, le leggende della poesia popolare delle nazioni straniere, soprattutto nordiche.
In particolare il gusto romantico rivaluta il Medioevo e inclina verso le forme d'arte più immediate e ingenue, verso il popolare e il primitivo, e verso il drammatico e il fortemente appassionato.
Il De Sanctis si convince che il criterio per valutare una poesia non è più nelle regole formali, ma bisogna cercarlo nella poesia stessa, perchè è la poesia stessa che offre la possibilità di trarne le regole, non sono le regole a determinare la poesia.
L'opera d'arte non può preporsi uno scopo che sia diverso dall'arte stessa. La forma non è una cosa diversa dal contenuto, quasi un ornamento o una veste sovrapposta ad esso. De Sanctis pone dunque alla base del suo giudizio critico l'affermazione che contenuto e forma sono da considerarsi inscindibili nell'opera d'arte. La forma è generata dal contenuto stesso che diviene attivo nella mente dell'artista ed è compito del critico, giudicare in che misura un qualunque contenuto sia realizzato nell'espressione della società del tempo in cui appartiene, e al di fuori dell'una e dell'altra non potrebbe esistere.
Il De Sanctis una volta che ha vissuto con l'autore, l'opera d'arte, per comprenderla a fondo cerca di stabilire qual è il rapporto che corre tra essa e il momento storico in cui si produce.
La storia della letteratura coincide con la storia spirituale del popolo da cui è espressa e il De Sanctis passa dalla visione analitica a quella sintetica, dai Saggi critici alla Storia della letteratura italiana.
La Storia della letteratura italiana che è considerata da molti come il capolavoro del De Sanctis, non contraddice al criterio che egli aveva seguito nel comporre "i Saggi" per cui non poteva formulare alcun giudizio di ordine generale, ma penetrando in opere singole vi scopre i caratteri storici più notevoli dei loro tempi e proprio perchè le trova così rappresentative le giudica più degne.
Il criterio informatore dell'opera è che la storia è un susseguirsi dialettico di tre momenti: De Sanctis vede rappresentato in Dante e nel medioevo il primo di questi momenti (la tesi) nell'Ariosto e in genere nell'Umanesimo, il secondo (l'antitesi) nell'Alfieri e nella letteratura del Risorgimento il terzo (la sintesi).
Il criterio usato può essere certamente discutibile, ma non si può negare che per la prima volta il De Sanctis attira l'attenzione sulla necessità di considerare la coscienza umana che in ogni epoca è elemento intrinseco della storia letteraria. L'architettura dell'opera appare meno proporzionato se si confronti l'ampia trattazione dei primi secoli e quella alquanto affrettata degli ultimi anni, tuttavia la sintesi rimane valida perchè è vasta e potente.
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