orlando furioso: il palazzo del mago atlante
I seguenti motivi fanno dell'episodio come un emblema dell'intero poema:
a) il castello di Atlante nel quale i cavalieri si aggirano come smemorati, senza avere occhi se non per quel miraggio che costantemente e vanamente inseguono;
b) l'apparire di questo miraggio come immagine vana e sfuggente in una continua vicenda di illusione e delusione;
c) la mescolanza indifferenziata di realtà e sogno nella quale l'incantesimo magico altro non è che quello stesso che noi ci creiamo nel gioco delle nostre passioni effimere.
L'uomo qui appare come è nella vita: schiavo, spesso, di un mondo di parvenze, nate dal suo stesso animo quando abbandona la strada serena e sicura additata dalla ragione, dalla saggezza. Orlando vede Angelica che invoca il suo aiuto; non quella vera - che giunge in seguito anch'essa al castello, resa sicura dagli incanti del suo anello fatato, e guarda, non vista, i cavalieri erranti dietro i loro desideri vani - ma il fantasma di lei creato, piuttosto che da Atlante, dal suo stesso tenero e patetico amore. Così avviene degli altri: hanno magari vicino ciò che cercano ma non lo scorgono se non nella proiezione deformata e fantastica del loro desiderio.
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