QUESTA È UNA RACCOLTA DI NOTIZIE E FATTI STORICI, ADATTA PER RICERCHE SCOLASTICHE E PER ARRICCHIRE IL PROPRIO BAGAGLIO CULTURALE.

LUDOVICO ARIOSTO : L'ORLANDO FURIOSO

L'AUTORE
La vita di Ludovico Ariosto nato a Reggio Emilia nel 1474, morto nel 1533, si svolge tutta alla corte degli Estensi, a Ferrara. Per 14 anni fu "gentiluomo di camera" al servizio del cardinale Ippolito d'Este: più uomo d'armi e di vita brillante, quest'ultimo, che di chiesa. L'Ariosto ebbe anche incarichi importanti e venne nominato governatore della Garfagnana, dove riuscì ad attenuare la terribile piaga del brigantaggio usando la giustizia anzichè la violenza.
Scriveva sempre in rima e quasi mai in prosa; e il suo poema Orlando Furioso, cominciato nel primo decennio del '500, ebbe enorme fortuna e risonanza. Unico critico severo fu il cardinale Ippolito, che ebbe una frase rimasta famosa: "Messere Ludovico, dove mai avete trovato tante corbellerie?".

LA TRAMA
Tra Francia e Spagna, vicino ai Pirenei, si prepara la battaglia campale fra i Mori e l'esercito di re Carlo. Nelle file cristiane ci sono due poderosi guerrieri, Orlando e il cugino Rinaldo, innamorati entrambi di Angelica. Questa è una fanciulla bellissima e dura d'animo, venuta dall'Oriente. Re Carlo la promette in sposa a chi, fra Orlando e Rinaldo, sarà più valoroso in battaglia. I cristiani vengono però sconfitti e Angelica fugge Altri guerrieri si battono per lei, anche saraceni: il forte Ruggiero, che l'Ariosto immagina come capostipite degli Estensi, la grande famiglia di cui è al servizio; Sacripante, Ferraù.
Orlando, nella sua ricerca di Angelica, salva uomini e donne, riunisce innamorati: provvede insomma a tutti fuorchè a se stesso. E quando viene a sapere che Angelica ha scelto, fra tanti eroi, un ragazzetto qualunque, Medoro, diventa pazzo. Lo guarirà l'intraprendente Astolfo, riportandogli dalla Luna il senno perduto.

IL PROTAGONISTA
Orlando, o Roland, è esistito veramente. Di lui si sa soltanto che fu un conte palatino, morto nel 778 a Roncisvalle, durante il ritorno dalla Spagna di una spedizione guidata da re Carlo, che era suo zio. Nell'opera letteraria, Orlando è quel che si dice un cavaliere senza macchia e senza paura: onesto, prode, tutto d'un pezzo e, salvo l'amore per Angelica, privo di grandi problemi. Non a caso altri autori lo presentarono quasi come un vigoroso sciocco.
Tutt'altre caratteristiche ha Astolfo, il cavaliere che gli restituirà la ragione. E' elegante e immaginoso, in certi poemi anche bizzarro e, soprattutto, poco preoccupato se in un duello viene battuto. Ciò che per un tipo come Orlando costituirebbe una vergogna.

IL VIAGGIO SULLA LUNA
Astolfo gira per l'Europa e l'Africa, visitando regni meravigliosi e fantastici, in sella all'Ippogrifo. E' questo un cavallo alato, bianco, di linea bellissima. L'ippogrifo ha già vissuto con altri guerrieri incredibili avventure, comparendo e scomparendo sui campi di battaglia come farebbe un'aquila. Grazie a lui, Astolfo ha cacciato le Arpie ed è sceso alle porte dell'Inferno; poi sale al Paradiso terrestre, ultima tappa prima del salto sulla Luna dove è custodito il senno di Orlando.
E' l'apostolo Giovanni Evangelista che accoglie Astolfo nel Paradiso terrestre e gli spiega la sua missione. Lega a un carro quattro cavalli rossi come la fiamma e li sprona. Il carro si alza rotando nel cielo e, attraversata una sfera di fuoco che miracolosamente non brucia, si avvicina alla Luna. La prima impressione è quella di una distesa d'acciaio senza macchia; ma poi si vedono laghi, montagne, città come sulla Terra, anche se di diversa forma; e castelli di grandezza mai vista. MA Giovanni e Astolfo non sono dei semplici visitatori. Cercano una vallata stretta fra due dirupi, dove si trova quello che è stato perduto sulla Terra, per colpa propria o per sfortuna. Fra le cose perdute c'è anche il senno di Orlando. La maggior parte delal vallata è ingombrata da lacrime e sospiri di innamorati, dal tempo inutilmente perduto al gioco, dall'ozio degli ignoranti, dai desideri senza importanza. Ma ci sono anche antiche corone di re assiri e persiani, famosi ai loro tempi e ora dimenticati; e così lodi e adulazioni, cose terrene che svaniscono presto. Astolfo vede ancora rovine di città e castelli, ladri e falsari, forme irriconoscibili che un tempo sono state donne bellissime. E finalmente vede delle ampolle. E' là che si deve cercare.
Attraverso la parete dei recipienti appare il liquido molle, che evapora appena si leva il tappo. Alcune urne sono piccole, altre più capaci. Hanno tutte un'etichetta, e i due terrestri si stupiscono nel vedere quanta gente ha perduto totalmente o in parte l'intelletto, senza che altri lo sappiano. Finalmente leggono sull'urna più grande questa scritta: "Senno di Orlando". Il viaggio è finito. Astolfo rimonta sull'Ippogrifo e raggiunge la sua gente. Quando ritrova Orlando scoppia in pianto: l'eroe è ridotto come una bestia. Gli amici, per tenerlo fermo, gli si avventano addosso: ma Orlando è fortissimo e sembra invincibile. Finalmente lo bloccano. Astolfo gli fa aspirare l'ampolla. E' un attimo. Orlando, ridivenuto un essere umano, si guarda attorno stupefatto.