ITALO CALVINO: IL VISCONTE DIMEZZATO
L'AUTORE
Nato a Cuba dove lavorava il padre, ma ligure per formazione, Italo Calvino è stato uno dei maggiori letterati italiani del dopoguerra. Morto nel 1985, a 62 anni, ha lasciato numerosi racconti, saggi di grande valore e, fra i romanzi, una trilogia che è rimasta famosa: appunto Il Visconte dimezzato nell'anno 1952, e più tardi Il barone rampante e Il cavaliere inesistente.
Altre sue opere di larga diffusione sono Paloma, Le Cosmicomiche, Il sentiero dei nidi di ragno e le Fiabe italiane, scelte e trascritte in base a vecchi racconti popolari. A parte questa produzione, Calvino fu una notevola figura di intellettuale, molto attivo anche nell'editoria di sinistra. Dopo aver aderito al comunismo, se ne staccò senza eccessive polemiche, limitandosi a criticarne gli aspetti totalitari e burocratici. Stava lavorando a una serie di conferenze da tenere in America quando fu stroncato da un'emorragia celebrale.
LA TRAMA
Il Visconte Medardo di Terralba è in guerra contro i Turchi, sulla terra di Boemia. Cavalca pensoso con il suo scudiero, vede il campo di battaglia pieno di soldati morti e di uccelli predatori. Medardo va all'assalto perchè quello è il suo dovere: ma quando si avvicina a un cannone, con la spada sguainata, un colpo lo taglia verticalmente in due. Gli rimane solo la metà destra del corpo: mezza fronte, mezza faccia, un braccio, una gamba. Eppure riesce a sopravvivere ed a tornare in patria. Avvolto in un mantello nero, fa paura a tutti. Mentre era partito da Terralba un uomo normale, il reduce sembra un concentrato di malvagità e fa uccidere senza motivo decine di persone. D'improvviso una specie di prodigio: torna un altro Visconte, ossia la parte sinistra del corpo, anche quella miracolosamente risistemata e guarita dai medici. Il secondo Medardo è buono quanto l'altro è cattivo: ma è tanto buono da risultare fastidioso. Alla fine i due si battono in duello, ferendosi di nuovo in verticale: e un dottore ha modo di riattaccare le due parti sanguinanti. Il Visconte è di nuovo un uomo intero, con i suoi vizi e le sue virtù, il suo coraggio e le sue debolezze. Come tutti.
IL PROTAGONISTA
Per tutta la prima parte del romanzo il protagonista è uno solo, anzi mezzo, appunto il Visconte spaccato in due dalla cannonata. La sua ossessione è di dimezzare tutto quel che trova, animali e fiori. Si regge su una stampella, cammina a piccoli balzi sulla sua unica gamba, regala ai bambini funghi velenosi. Ha pure funzione di giudice e fa impiccare non solo chi osa ribellarsi, ma anche chi esegue male i suoi ordini. La gente torna a sperare quando, ugualmente dimezzata, ritorna l'altra parte del Visconte. Ma il Medardo buono crea più problemi di quanti ne risolva. Danneggia i commerci, si fa a sua volta dei nemici. La soluzione arriva quando le due metà si innamorano della stessa ragazza, una contadinella che in realtà non gradisce nè uno ne l'altro. Il gran duello finale, con le due parti del corpo che si riuniscono, risolve tutto: Medardo ridiventa "un uomo intero", con il solito misto di cattiverie e bontà, "cioè apparentemente non dissimile da quello ch'era prima di essere dimezzato. Ma aveva l'esperienza dell'una e dell'altra metà fuse insieme, perciò doveva essere ben saggio". Così "ebbe vita felice, molti figli e un giusto governo".
IL PROCESSO AI BRIGANTI
Gli sbirri del castello arrestano dei briganti, tutto il paese occorre per assistere al processo. Ma per strada si fanno strane scoperte. Nei boschi i funghi sono tagliati dall'alto in basso, cosicchè spuntano da terra con mezzo gambo e aprono solo mezzo ombrello. Anche delle pere resta solo una metà, mentre l'altra è recisa di netto. Per capire dov'è il visconte basta scoprire un mezzo melone: chiaro che è passato di là. Inutile comunque cercare troppo. Medardo è sul suo seggio di giudice, seduto tutto per storto e coperto dal suo mantello nero.
Portano i briganti, e con loro dei cavalieri toscani che erano stati assaliti e derubati dalla banda. I malviventi sostengono di avere scambiato quei gentiluomini per dei bracconieri, e di essersi perciò sostituiti agli sbirri "che non ci pensavano". Ma il Visconte non fa distinzioni. Condanna a morte i briganti perchè colpevoli di rapina. Condanna alla forca anche i cavalieri, rei di bracconaggio. Infine, visto che gli sbirri non erano intervenuti nè contro i cavalieri nè contro di banditi, fa impiccare pure loro.
Tutt'altro carattere ha il Medardo buono. C'è nella zona un gruppo di ugonotti, scappati dalla Francia per le persecuzioni religiose. Costoro non ricordano più i loro antichi riti e cantano gli inni sacri senza pronunciare le parole, temendo di sbagliarle. Per campare vendono i raccolti, e si arrabbiano quando il Buono trova che le loro tariffe sono troppo alte per la povera gente. Gli dicono: "Fare la carità, fratello, non vuol dire rimetterci sui prezzi".
E' lo stesso Calvino che, in una lettera a un critico, spiega le intenzioni del suo racconto. Che le due metà del Visconte "fossero ugualmente insopportabili, la buona e la cattiva, era un effetto comico e nello stesso tempo anche significativo, perchè alle volte i buoni, le persone troppo programmaticamente buone e piene di buone intenzioni sono dei terribili scocciatori". Chiaro il riferimento a una certa sinistra politica, i cui buoni propositi si traducono in oppressione.
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