HANS CHRISTIAN ANDERSEN: LE FIABE
L'AUTORE
Capita spesso che uno scrittore, dopo avere cercato la gloria attraverso libri che considera importanti, debba la sua celebrità a una produzione apparentemente minore: nel nostro caso, appunto, le fiabe. In Danimarca c'è ancora chi legge i romanzi di Hans Christian Andersen, la sua autobiografia, le descrizioni dei viaggi; e spesso si tratta effettivamente di opere di livello, altamente stimate dai contemporanei. Ma se Andersen teneva al giudizio della critica, tanto da amareggiarsi per alcuni giudizi meno favorevoli, è proprio alle fiabe che deve l'immortalità. La loro stesura è durata dal 1835, anno della prima raccolta, fino al 1872: in tutto 156 racconti, che sono altrettanti gioielli. Curioso che, in gioventù, Andersen si sentisse ispirato da filosofi e pensatori danesi e tedeschi, componendo non solo poesie ma perfino una serie di salmi, tuttora cantati in Danimarca. Ma del resto del mondo, se non fosse stato per le fiabe, il suo nome sarebbe rimasto ignoto.
LA TRAMA
C'è qualcosa di comune fra la Sirenetta e il soldatino di stagno, il brutto anatroccolo e la piccola fiammiferaia, gli elfi che vivono sui monti e i cigni che portano in volo le principesse? A prima vista l'unico legame è costituito dalla fantasia: ma questo, a ben pensarci, vale per tutti i libri di fiabe. Accade però qualche volta che, in una serie di racconti, le sensazioni che il lettore ricava dipendano dalla mano magica dell'autore. Può essere l'immaginazione sfrenata, oppure la leggerezza della frase, o ancora la vitalità dei personaggi e il fascino dell'ambiente. Ingredienti che, in Andersen, si ritrovano tutti insieme.
Certo, fra tanti spunti, alcuni più di altri sono rimasti nella memoria dei ragazzi - e degli adulti - di tutto il mondo. Non tutte le storie di Andersen si concludono bene, "..e vissero felici e contenti". Spesso, anzi, il finale è rattristante: se l'anatroccolo sgraziato diventa il più bello dei cigni, la piccola venditrice di fiammiferi muore nel gelo. E quando il soldatino senza una gamba si innamora, della ballerina di carta, ritta anch'essa sulla punta di un solo piede, basta una fiammata per consumarli entrambi, come bolle d'aria. Una nazione intera infine, la Danimarca, si è commossa per la Sirenetta, la cui stata guarda il mare dal porto di Copenaghen, ammirata da tutti i turisti.
IL PROTAGONISTA
Dovendo scegliere uno solo fra i personaggi creati da Andersen, non si può sbagliare: è la Sirenetta che vive nel palazzo sottomarino del padre, il Re del mare, e sogna il giorno in cui potrà vedere gli abitanti e le cose della terra. Di anno in anno le sue sorelle meno giovani salgono in superficie, tornando con descrizioni affascinanti. Una resta incantata dalla bellezza dei tramonti sulle città, un'altra dai palazzi e castelli che sorgono sui prati; e quella che emerge d'inverno si ritrova fra i grandi blocchi di ghiaccio, rilucenti come diamanti. Quando compie 15 anni, sui 300 di vita che sono concessi a questi esseri marini, la Sirenetta corre in alto, leggera. Tutto è calmo, un magnifico bastimento galleggia sull'acqua. Si vedono luci, si odono musiche: è la festa di un giovane principe, del quale la piccola sirena subito si innamora. Scoppia una tempesta, la nave va a fondo, tutti annegano: ma è lei che salva l'amato, depositandolo su una spiaggia. Per poterlo rivedere, la Sirenetta si fa aiutare da una strega: dovrà morire giovane, soffrirà tremendi dolori per la comparsa delle gambe al posto della coda, perderà la sua bellissima voce ma diventerà una donna. Così avviene. Il principino la vede, è colpito dalla sua straordinaria bellezza, la ospita nel suo palazzo: però dovrà sposare un'altra. Mentre egli torna per mare nella sua terra, con la futura sposa, le sorelle danno alla Sirenetta un pugnale: se con quello ucciderà il suo amore, sarà salva e tornerà come prima. Ma lei getta il coltello in mare e si trasforma in spuma salata sulla cresta delle onde, da dove 300 anni più tardi volerà in cielo.
IL VESTITO NUOVO DELL'IMPERATORE
C'è un modo di dire che si usa anche nella politica moderna, "il re è nudo". Significa che certi potenti, o certi loro metodi poco onesti, vengano smascherati dalla gente comune, che si può ingannare ma solo fino a un certo punto. Questo concetto deriva da una famosa fiaba di Andersen - forse la più famosa - intitolata Il vestito dell'imperatore. E' la storia di un re pieno di vanità, il quale non si cura che dei suoi abiti: e di questa mania approfittano due bricconi promettendogli non solo il più bel vestito che si sia mai visto, ma dei tessuti dotati di una mirabile proprietà. Solo le persone intelligenti potevano coglierne trame e colori, invisibili invece per gli stupidi.
L'imperatore pensa che in questo modo potrà sapere subito quanta gente capace c'è nel suo regno, e quanta inetta. Ma quando i due lestofanti gli presentano l'abito, descrivendone le meraviglie, non vede nulla: e difatti quelli si erano intascati il filo e gli ori, senza tessere nessun drappo. Temendo di essere scambiato per uno sciocco, il sovrano finge di ammirare tinte e sfumature; e dopo di lui fanno lo stesso i cortigiani incaricati di verificare. Nessuno vuole passare per stupido e venire così scacciato dalla reggia.
Poichè l'intero Paese viene informato della faccenda, quando il re sfila per strada con l'abito nuovo tutti i cittadini si profondono in elogi: ma quanto è bello, come gli sta bene, che bravi quei sarti. Solo un bambino strilla d'improvviso: "Ma non ha niente addosso!.."; e dopo un pò, udita la voce dell'innocenza, l'intera popolazione ripete lo stesso grido, mentre l'imperatore sprofonda nella vergogna.
Qui, nella versione moderna, dovrebbe terminare la favola del "re nudo", usata, come dicevamo, ancor oggi per smascherare i lati negativi del potere. Senonchè vanno lette anche le ultime righe di Andersen: "L'imperatore si rodeva, perchè anche a lui sembrava veramente che il popolo avesse ragione. Ma pensava: "Qui non c'è scampo! Qui ne va del decoro della processione, se non si rimane imperterriti". E prese un'andatura ancora più maestosa; e i paggi continuarono a camminare chini, reggendo lo strascico che non c'era". Dove la morale è pessimistica: nudo o no, è il potente che continua a comandare, trovando sempre servi sciocchi.
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