QUESTA È UNA RACCOLTA DI NOTIZIE E FATTI STORICI, ADATTA PER RICERCHE SCOLASTICHE E PER ARRICCHIRE IL PROPRIO BAGAGLIO CULTURALE.

LA BONIFICA INTEGRALE DEL 1934

Il piano di bonifica integrale fu varato con la legge del 24 dicembre 1928 (poi completata con il testo unico del 13 febbraio 1933) nella quale si davano disposizioni per il recupero di terreni all’agricoltura. Lo Stato si assumeva l’onere di realizzare opere di canalizzazione, irrigazione, rimboschimento e i collegamenti stradali. I proprietari dei terreni dovevano impegnarsi nella coltivazione delle aree bonificate, completando i lavori di sistemazione e provvedendo alla colonizzazione con la costituzione di insediamenti stabili. I terreni su cui si operò compresero quasi 5 milioni di ettari.
Responsabile dell’intera operazione fu l’economista agrario Arrigo Serpieri, che venne nominato sottosegretario per la bonifica integrale.
La più grande opera di recupero fu intrapresa nell’Agro Pontino, alle porte di Roma. Questa regione paludosa e malarica era da sempre descritta come abitata da piccole comunità in condizioni di vita primordiali, luogo di rifugio per ricercati, briganti e disadattati. La politica di bonifica, quindi, non riguardava soltanto la dimensione agricola del fenomeno ma assumeva valenze di ordine morale. Su quest’area vennero resi coltivabili oltre 65.000 ettari, su cui vennero ripartiti 3000 poderi, dotati di casa colonica con stalla e pozzo, che furono assegnati, sotto l’attento controllo del Commissariato per le migrazioni, a famiglie provenienti per la maggior parte dal Veneto e dall’Emilia. Videro inoltre la luce cinque “città nuove” che dovevano rappresentare il modello ideale di città fascista, nella quale integrare ruralità e urbanesimo, sano stile di vita della campagna e esigenze razionalizzatrici dello spazio urbano. Di fatto il progetto, nel quale il regime si impegnò con grande profusione di mezzi finanziari e propagandistici, si scontrò da una parte con le resistenze dei proprietari che non trovavano conveniente investire capitali in queste operazioni, dall’altra, con le difficoltà di ambientamento dei coloni. È in queste difficoltà che si devono cercare le ragioni dell’allontanamento di Serpieri nel gennaio del 1935.