LA SCOPERTA DELL’AMERICA – PARTE 4
Le tre caravelle di Colombo
Per il cinquecentenario colombiano sono stati messi in mostra i progetti di ricostruzione delle caravelle di Colombo ma nessuno può dire come erano fatte esattamente le tre caravelle della prima spedizione di Colombo, perchè non esistono documenti o disegni originali che ce lo indichino. Già nel passato molti appassionati di storia e di mare si sono cimentati in questa impresa. Nel 1892, nel quarto centenario della scoperta dell’America, studiosi genovesi vararono a Pegli una caravella e quasi nello stesso tempo appassionati americani ne vararono un’altra a Chicago; entrambe presentavano particolari inesatti o del tutto inventati. Più recentemente anche altri hanno provato a ricostruire le navi ma senza i risultati sperati.
Il contratto che sanciva l’accordo tra i sovrani di Spagna e Cristoforo Colombo sulle modalità della spedizione “americana” porta la data del 14 aprile 1492. Comprende cinque paragrafi. Si riconosce a Colombo la qualifica di Ammiraglio del Mare Oceano, titolo che potrà trasmettere anche ai suoi eredi. Si attribuisce al navigatore genovese i titoli di Vicerè e Governatore delle nuove terre. Gli viene inoltre riconosciuto come onorario un decimo del valore su tutte le merci che saranno comprate e vendute nel Nuovo Mondo. Infine gli viene affidato il compito di dirimere le controversie e la possibilità di fare investimenti nelle nuove terre.
Per andare alla conquista del Nuovo Mondo, l’Ammiraglio del Mare Oceano calcola che occorrano due milioni di maravedi, pari a circa cinquemila monete d’oro del peso di 3,5 grammi l’una, oltre alla paga degli equipaggi per altri 250.180 maravedi al mese, cioè 650 monete d’oro. Colombo versa per conto suo 250 mila maravedi; la rimanenza è procurata dal Ministro delle Finanze del re, Luis de Santangel. Per le caravelle si sceglie Palos, nel golfo di Cadice. Sulla cittadina pende una vecchia accusa di contrabbando e pirateria, ottimo protesto per condannarla a fornire gratuitamente due “caravelle armate” (cioè complete di equipaggio) e rifornite di viveri per 12 mesi. Sono la Pinta e la Nina. La terza caravella si trova già in porto, è un legno galiziano e si chiama “Mari Galante”: Colombo la noleggia e ne fa la capitana della flotta con il nome di Santa Maria.
Ogni caravella era fornita di “pezzi di ricambio”: legname per sostituire alberi o fasciame, almeno un ricambio di vele per gli alberi principali di prua, 2600 libbre di cavi di canapa, cime, tiranti, scale di corda e una settantina di carrucole e pulegge. Completavano la dotazione un’ancora di 60 chili e due ancorotti di emergenza.
La giornata del tripulante
Tripulante vuol dire marinaio: è una parola che sa di fatica, di dolori e di avventura. Il tripulante delle caravelle doveva avere una salute di ferro per svolgere il suo lavoro. Faceva parte di una squadra di una quindicina di uomini che si alternava con una seconda squadra in turni di 4 ore di guardia e 4 di riposo, giorno e notte, per tutti i giorni di navigazione. Il turno più duro era quello notturno, dalle tre in avanti, chiamato “guardia del cimitero”, nel freddo e nell’umidità della notte sul mare. La vita a bordo si svolgeva il più possibile sul ponte; nelle poche pause dal lavoro il tripulante si dedicava alla pesca. Al tramonto ciurma e ufficiali si riunivano per pochi minuti per cantare la Salve regina. Poi, finalmente, il meritato riposo sul ponte, un breve riposo, interrotto ogni 4 ore dalla voce del mozzo che scandiva il succedersi dei turni di guardia.
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