LE REPUBBLICHE MARINARE: PISA
Pisa è una città di commercianti che, in tempi feroci, deve difendere i suoi interessi anche con le armi. Ma non per fare conquiste: l’obiettivo è sempre di assicurare libero transito alle navi che partono dall’alto Tirreno e scendono verso la costa africana e l’Oriente. Se nel 1135 hanno devastato Amalfi, anche i pisani sanno cosa vuol dire trovarsi il nemico in casa. Nel 1004 la loro città è rimasta quasi distrutta da un’incursione saracena; e sebbene l’anno dopo Pisa abbia potuto disperdere la flotta arabo-siciliana al largo di Reggio, questa serie di guerre porta assai più danni che vantaggi. Ma i pisani sono ancora costretti a combattere: intorno al 1015 devono scontrarsi con il temibile Mogahid, Mugetto per gli italiani, grande condottiero che porta la bandiera musulmana dalla Spagna alla Sardegna. E proprio sulla riva sarda, sorprese dalla flotta cristiana in un giorno di furiosa burrasca, le navi di Mogahid finiscono quasi tutte a picco. Ma i mercanti vigilano e ammoniscono gli ammiragli. Basta con le guerre, le galee devono soprattutto proteggere i traffici e i commerci di Pisa.
E’ anche un tentativo di superare la barriera della razza, della religione e del colore della pelle. Finchè dalle remote pianure mongoliche non arrivano i turchi, bellicosi e intolleranti, con gli arabi si può discutere: basta pagare una tassa sui prodotti sbarcati e su quelli che si caricano sulle navi. Molti pisani vivono a Tunisi; passano un brutto momento quando navi corsare venute da Pisa, nel 1200, entrano di sorpresa nel porto tunisino, saccheggiano tre navi e uccidono chi tenta di resistere. Ma anche i capi arabi pensano ai soldi e, invece di vendicarsi sui pisani, li invitano a rimanere senza paura. Anche all’epoca delle Crociate, quando si insedia il grande Saladino a Gerusalemme, Pisa pensa ai suoi affari: da una parte cerca di non inimicarsi i musulmani, sostenendo che le navi fornite alle spedizioni cristiane sono di semplici privati; dall’altra convince i capi crociati a tollerare gli scambi fra Pisa e l’Egitto. Capolavoro di ambigua displomazia, che riesce.
La guerra contro Genova
Pisa soffre dunque fortemente di questa situazione interna quando è costretta a risolvere in armi la sua rivalità con Genova. Come sempre, si affida a quella flotta che due secoli prima, dopo una grande vittoria sui saraceni, era stata esaltata in tutta Italia come diretta continuatrice della potenza romana. I marinai pisani non sono però come quelli di un tempo; per guidarli si è dovuto assumere un ammiraglio veneziano, Albertino Morosini. Siamo nell’estate del 1284. In un primo momento Morosini porta 72 galee ai bordi del porto di Genova, come preparandosi allo sbarco. Sopraggiungono però due flotte genovesi, l’una comandata da Benedetto Zaccaria, l’altra da Oberto Doria. I pisani si ritirano. Zaccaria ricorre a un trucco, nascondendo le sue navi dietro un promontorio. Credendosi superiore di forze, Morosini attacca Doria; ma nel mezzo della battaglia sono le galee di Zaccaria che arrivano di colpo travolgendo tutto. Pisa perde 40 navi, 1272 morti, 5000 prigionieri. E’ un colpo dal quale non si risolleverà più. Penseranno poi i veneziani a vendicarla, mettendo fine alla potenza di Genova.
La costruzione di opere meravigliose
Le enormi ricchezze che affluiscono così in città consentono la costruzione di opere meravigliose, come il duomo, il battistero, la torre pendente, meta tuttora di milioni di turisti. Ma se il complesso gioco di rapporti nel basso Mediterraneo può andare avanti, un pò con le armi un pò con l’astuzia, è dall’Italia che viene la più sostanziosa minaccia. Genova a nord, Venezia dove finisce l’Adriatico, gelose entrambe dei privilegi ottenuti nel commercio con l’Oriente, contrastano i pisani con vigore crescente. In Toscana frattanto c’è una guerra vittorisa contro Lucca, mentre comincia a premere anche Firenze. E Pisa, quel che è peggio, non può contare su quell’unità interna che ha dato forza ad Amalfi, e sarà per secoli la caratteristica di Venezia. Il tredicesimo secolo è il periodo di lotte intestine, sociali e di potere: ghibellini contro guelfi, nobiltà contro grossa borghesia, grandi mercanti contro corporazioni di mestiere, il popolo contro il Comune.
E’ pisano il famoso conte Ugolino della Gherardesca, che troveremo nell’Inferno di Dante Alighieri, vittima guelfa della vendetta ghibellina.
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