CAMPANIA: I POMODORI
Ama il sole e i climi temperati caldi. Viene da molto lontano, ma ormai è considerato uno dei prodotti italiani per eccellenza. Lo troviamo sulle nostre tavole quasi tutti i giorni e forse non sapremmo farne a meno. Parliamo del pomodoro che, nato probabilmente in Perù al tempo degli Incas e portato in Europa soltanto nel secolo XVI dagli spagnoli, trionfa nella cucina italiana e in particolare in quella napoletana. Gli spaghetti con “a pummarola ‘n coppa” sono diventati praticamente sinonimo di Italia o meglio di Campania in tutto il mondo.
Eppure il pomodoro ha impiegato secoli per farsi accettare in Europa come pianta dai frutti commestibili. Al suo arrivo fu considerato una pianta ornamentale. Solo nell’Ottocento si scoprirono le sue qualità nutritive e proprio nella zona del Napoletano ne fu avviata la coltivazione e la lavorazione a livello industriale per la produzione di conserve. A dargli la fama in tutto il mondo, oltre agli spaghetti, è stata la pizza della quale è uno degli ingredienti di base, insieme con la mozzarella.
Per ottenere il massimo, in fatto di sapore e profumo, il pomodoro deve essere maturato al sole, aver ricevuto la giusta dose di acqua e avere la polpa rossa e succosa, tutte qualità che sicuramente i pomodori campani hanno. Del resto la coltivazione di questa pianta occupa un posto importante nell’economia della regione: si estende su circa 10 mila ettari che producono circa cinque milioni di quintali di frutti l’anno. La zona dove la coltivazione è più intensa è quella delle valli del Volturno, del Garigliano e del Sele. Le qualità di pomodori sono molte e si distinguono soprattutto per la diversità della loro forma; la qualità più tipica del Napoletano è la San Marzano, che ha reso famosi nel mondo i pelati italiani e che un tempo era chiamata l’oro rosso della Campania. Da qualche anno, però, le industrie campane che lavorano i pomodori per ricavarne succhi e conserve devono fare i conti con la concorrenza di quelle di Grecia, Spagna e Portogallo.