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LUIGI DE’ MEDICI

Nel restituire a Ferdinando IV di Borbone l’Italia meridionale, il primo ministro austriaco Klemens von Metternich e quella inglese Robert Stewart Castlereagh, memori delle stragi del 1799, si erano preoccupati di impedire gli eccessi della reazione. A interpretare le spinte più moderate e riformatrici fu chiamato il primo ministro Luigi de’ Medici, di formazione illuministica (era nato a Napoli nel 1759, morì a Madrid nel 1830), già interprete alla fine del Settecento di alcune delle istanze più avanzate del dispotismo illuminato e persino caduto in sospetto di giacobinismo, nel 1793-1794.
Grazie alla sua influenza, il principe di Canosa fu obbligato a rassegnare le dimissioni, la setta reazionaria dei Calderari fu posta fuori legge, le truppe d’occupazione austriache dovettero lasciare Napoli. Secondo Luigi de’ Medici occorreva mantenere, con alcune modifiche, le riforme varate nel periodo francese e aumentare l’efficienza dell’amministrazione con un’opera di centralizzazione e di unificazione delle due parti del regno.
Furono quindi estese alla Sicilia la legislazione e l’amministrazione napoletane, sostanzialmente rimaste quelle di Murat, che spazzavano via coraggiosamente, con l’opposizione della nobiltà isolana, un antico e tenace regime feudale. Tasse moderate, protezionismo doganale, buone leggi e buona amministrazione erano, a giudizio di Luigi de’Medici, il mezzo sicuro per assicurarsi l’appoggio dell’opinione pubblica, un appoggio che fu raggiunto tuttavia soltanto in alcuni ambienti ristretti della borghesia liberale.