QUESTA È UNA RACCOLTA DI NOTIZIE E FATTI STORICI, ADATTA PER RICERCHE SCOLASTICHE E PER ARRICCHIRE IL PROPRIO BAGAGLIO CULTURALE.

IL CROLLO DELLA DIGA DEL VAJONT

Il 10 ottobre 1963 Longarone, Faè, Rivalta, Villanuova, Pirago, Erto e Casso, paesi delle provincie di Belluno e Udine, furono interamente distrutti e 1989 persone persero la vita. Una frana staccatasi dal monte Toc piombò nel bacino formato dalla diga e una valanga d’acqua sommerse i paesi circostanti. La diga era stata costruita dalla SADE, concessionaria dell’elettricità in Veneto, tra il 1941 e il 1959. Il governo nominò immediatamente una commissione d’inchiesta che, fin dal gennaio 1964, fu in grado di individuare le responsabilità del disastro. Principali imputati furono la SADE, l’ENEL, subentrata alla SADE dopo la nazionalizzazione dell’energia elettrica, il genio civile e i prefetti di Bolzano e Udine. Emerse che la SADE era a conoscenza dell’instabilità dei terreni e dei rischi di frana nella valle, dato che era stata informata dallo stesso progettista del bacino artificiale. Fin dal 4 novembre 1960, inoltre, si erano avuti smottamenti e frane, che tuttavia erano stati sottovalutati dai responsabili. Particolari sconcertanti furono rivelati sulle procedure di approvazione dei lavori: la commissione di collaudo della diga era composta dagli stessi che avevano approvato il progetto, cioè dai componenti del Consiglio superiore dei lavori pubblici, i quali peraltro avevano approvato i progetti e i lavori della diga senza procedere alle necessarie indagini geologiche. Il 17 gennaio furono sospesi quattro alti funzionari del ministero dei lavori pubblici. Nel 1969 si svolse all’Aquila il processo: cinque degli otto principali imputati furono assolti, mentre gli altri tre furono condannati a pene assai lievi. Del collegio di difesa degli imputati faceva parte anche Giovanni Leone, presidente del consiglio al tempo della sciagura.