LA VOLPE
Non è un caso che alla volpe si attribuiscano da sempre astuzia e furbizia; grazie alla sua enorme capacità di adattamento e alla sua prudenza, come pure all’alto tasso di riproduzione, è sempre riuscita a sopravvivere, anche a persecuzioni intense, e a colonizzare habitat sempre nuovi. E’ perfino possibile incontrarla, a volte, nei parchi delle grandi città. Durante il periodo riproduttivo, in pieno inverno, tra gli ululati e un forte abbaiare, si formano le coppie; il maschio segue poi passo passo la femmina, spesso per settimane intere, finché è disposta all’accoppiamento. Verso la fine della gestazione e per alcuni giorni dopo la nascita dei piccoli la femmina non lascia più la tana e viene rifornita di cibo dal maschio. A 2 settimane i cuccioli aprono gli occhi e spuntano i denti da latte. Vengono quindi a poco a poco abituati dalla madre anche al cibo solido, prima con un rigurgito predigerito, poi con diverse prede riportate.
A 1-2 mesi le volpi giovani incominciano ad esplorare il mondo al di fuori dalla tana e perdono gradualmente il loro primo pelo, scuro e lanuginoso, assumendo la caratteristica colorazione fulva. Nei loro giochi sempre più vivaci acquistano destrezza e vista d’occhio e provano molti comportamenti utili per la sopravvivenza futura. Nel tardo autunno, infine, sono scacciati dai genitori e devono cercarsi un proprio territorio.
Questo è demarcato con segnali odorosi costituiti da urina, da una secrezione delle ghiandole anali, depositati in punti particolari. Le ghiandole odorifere tra i polpastrelli delle dita lasciano sul terreno delle tracce odorose che informano i conspecifici sugli spostamenti e facilitano l’orientamento di notte. Tutte le volpi hanno poi una tipica macchiolina nera sulla parte superiore della coda dove sbocca una ghiandola cutanea, la cui funzione non è ancora stata spiegata chiaramente: è possibile che serva anch’essa alla demarcazione del territorio tramite l’odore. Oltre all’olfatto, pure l’udito è particolarmente ben sviluppato e la volpe riesce a sentire lo squittio di un topo anche a 100 m di distanza.
Nutrendosi per lo più proprio di topi, arreca fra l’altro grandi vantaggi all’agricoltura. Se invece cattura un fagiano, una lepre, un coniglio selvatico o, in casi più rari, addirittura un capriolo, viene bollata dai cacciatori come animale da preda. Gli animali che cadono vittima della volpe, tuttavia, sono soprattutto quelli deboli e malati, per cui la sua caccia mantiene l’equilibrio biologico dei boschi.
Come si può, comunque, disapprovarla se in certe occasioni si imbatte anche in un comodo animale da cortile, raggiungibile quasi senza fatica? Se talvolta la tavola non è così imbandita, si accontenta peraltro anche di larve di insetti, cavallette, lombrichi o vegetali, come bacche, frutta e prodotti agricoli.
Da secoli la volpe è accanitamente perseguitata: un tempo come predatore e per la sua preziosa e folta pelliccia invernale, in epoca più recente soprattutto perché il principale propagatore della rabbia.
Negli ultimi 50 anni questa malattia virale, pericolosa anche per l’uomo, in Europa ha assunto le dimensioni di un’epidemia di grandi proporzioni. L’infezione avviene solo se il virus penetra in una ferita tramite la saliva di un animale rabbioso, cioè di solito a causa di un morso. Durante la caccia le volpi vengono a volte morsicate sulle labbra da topi, spesso portatori del virus, e così sono infettate; una volpe rabbiosa aggredisce di solito mordendo altri animali e trasmettendo in questo modo la malattia.
Nel tentativo di arginare il contagio sono state abbattute (o uccise nella tana con il gas) milioni di volpi, ma inutilmente. Ci si ripromette oggi di ottenere risultati migliori tramite una vaccinazione per via orale, esponendo cioè nei boschi esche di carne con il vaccino. Sempre più cacciatori hanno nel frattempo riconosciuto l’utilità delle volpi e le tollerano di nuovo – in numero limitato – sul loro terreno di caccia.
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