QUESTA È UNA RACCOLTA DI NOTIZIE E FATTI STORICI, ADATTA PER RICERCHE SCOLASTICHE E PER ARRICCHIRE IL PROPRIO BAGAGLIO CULTURALE.

LO STATUTO ALBERTINO

Emanato da Carlo Alberto sotto le forti pressioni popolari il 4 marzo 1848, lo Statuto albertino continuò a essere la legge fondamentale dello Stato italiano fino al 1° gennaio 1948, quando entrò in vigore la Costituzione repubblicana.

Come le altre carte costituzionali precipitosamente concesse dai sovrani nelle Due Sicilie, in Toscana e nello Stato Pontificio, lo Statuto albertino aveva le caratteristiche della charte octroyée, cioè della carta concessa dall’alto per grazia del sovrano e non come espressione della sovranità popolare. Era inoltre una carta “flessibile”, cioè modificabile attraverso un processo legislativo ordinario, il che permise di adattarla alle trasformazioni istituzionali e sociali che intervennero negli anni successivi alla sua applicazione. Lo Statuto albertino si componeva di 81 articoli, 22 dei quali erano dedicati a delineare i poteri del re. Il sovrano era titolare del potere esecutivo, capo nominale del potere giudiziario e partecipe con il Parlamento del potere legislativo; a lui spettava il potere di nomina dei ministri, che dovevano però godere della fiducia parlamentare. La rappresentatività era assicurata dalla presenza di due camere: un Senato, composto da membri nominati a vita dal re, e una Camera dei deputati, eletta secondo modalità definite da un’apposita legge elettorale che non faceva parte dello Statuto. In merito ai diritti dei cittadini, lo Statuto sanciva l’uguaglianza di fronte alla legge di “tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo e grado” (art. 24); garantiva la libertà individuale (art. 26), la libertà di stampa (art. 28), l’inviolabilità della proprietà privata (art. 29), il diritto di pacifica adunanza (art. 32), il diritto di formulare petizioni (art. 58). La religione cattolica era definita “sola religione di Stato”, ma erano “tollerati conformemente alla legge” gli altri culti esistenti (art. 1).