LO SMEMORATO DI COLLEGNO
Con la pubblicazione sulla Domenica del Corriere della foto di uno sconosciuto, ricoverato da quasi un anno nel manicomio torinese di Collegno, si aprì nel febbraio del 1927 un caso giudiziario che avrebbe appassionato e diviso l’opinione pubblica italiana per anni. Quell’uomo, infatti, il 27 febbraio venne riconosciuto dalla signora Giulia Canella come suo marito Giulio, un professore di filosofia di Verona, scomparso in combattimento in Macedonia durante la guerra, nel dicembre del 1916.
Come tale lo smemorato fu quindi dimesso e riconsegnato ai familiari. Però pochi giorni dopo la polizia ricevette una segnalazione, da cui risultava che in realtà lo sconosciuto era Mario Bruneri, tipografo torinese, pregiudicato e ricercato per truffa, già condannato in contumacia a una pena di oltre quattro anni. L’informazione venne confermata dal confronto delle impronte digitali.
A questo punto lo smemorato tornò in manicomio ed ebbe inizio una lunga controversia nella quale le due famiglie si contesero l’uomo. Attorno al caso si polarizzò un’appassionata partecipazione popolare, equamente divisa tra “bruneriani” e “canelliani”.
Il 22 ottobre 1928 una prima sentenza del Tribunale di Torino, dopo ripetute perizie psichiatriche, sostenne che nei panni dello smemorato di Collegno si celava Mario Bruneri. Tale sentenza fu definitivamente confermata dalla Corte d’appello di Firenze il 1° maggio 1931.
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