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HENRYK SIENKIEWICZ: QUO VADIS?

Autore: Henryk Sienkiewicz (1846-1916)
Lingua originale: polacco
Data di uscita: 1896
Genere: romanzo storico
Epoca storica: primo secolo dopo Cristo, a Roma

L'AUTORE
Nobile polacco di campagna, nato nel 1846 e morto a settant'anni, Sienkiewicz cominciò la sua carriera come giornalista, pubblicando intanto romanzi e racconti. Appassionato di viaggi, visitò i più avanzati Stati europei, varcando poi l'oceano fino alla California. Dopo le opere di ambiente contadino, e descrizioni degli ambienti stranieri in cui era vissuto, lo scrittore si orientò verso il genere storico. Il suo Quo vadis?, che lo rese famoso in tutto il mondo, è del 1894. Il libro gli valse nel 1905 il Premio Nobel, e fu grazie alla celebrità raggiunta che Sienkiewicz ebbe un ruolo importante nella difesa della sua Polonia dalle pressioni tedesche. Ma la morte lo colse nel 1916, terzo anno della guerra sferrata dalla Germania.

LA TRAMA
L'apostolo Pietro, che si sta allontanando da Roma per sfuggire alle persecuzioni contro i cristiani, incontra sulla strada il Redentore che cammina nella direzione opposta. Stupito gli chiede: "Quo vadis, Domine?", "Dove vai, o Signore?". E Gesù gli risponde che va a farsi crocifiggere un'altra volta, visto che i suoi fedeli lo abbandonano. Pietro capisce l'altissima lezione, torna sui suoi passi e subisce il martirio.
La sofferenza cristiana, le spietate regole della città imperiale, sono lo sfondo di questo romanzo, uno fra i più letti nel mondo. Siamo all'epoca di Nerone. Un giovane nobile, Vinicio, è innamorato di Licia, figlia di un re straniero che è stata affidata a una famiglia cristiana. Uno dei consiglieri dell'imperatore è Petronio, raffinato e cinico: grazie al suo intervento, Vinicio ottiene che Licia gli venga consegnata. A salvare la ragazza è però il suo schiavo, un gigante di nome Ursus, fedelissimo verso la padroncina. I due si rifugiano presso una comunità di seguaci della neonata Chiesa, ma il patrizio riesce a rintracciarli.
Parrebbe il trionfo del vizio sulla virtù: sennonchè Vinicio subisce il fascino di questa religione per lui ignota e rinuncia ai suoi propositi. Ma sta per accadere il peggio perchè Roma va a fuoco e Nerone incolpa dell'incendio i cristiani. Comincia la caccia, Licia e molti suoi compagni di fede vengono portati al Circo per essere sbranati dalle belve. Proprio Licia compare sull'arena, legata al dorso di un bufalo selvaggio. E' una scena grandiosa, poi riprodotta in innumerevoli quadri e film: il fortissimo Ursus afferra la bestia per le corna, la blocca, la schianta al suolo. La folla, colpita dall'incredibile spettacolo, chiede che la fanciulla e il suo salvatore vengano liberati. Nerone è costretto a consentire. Sono, del resto, gli ultimi giorni del suo regno. Il folle imperatore viene detronizzato e ucciso. Vinicio e Licia possono finalmente unirsi in matrimonio.

I PROTAGONISTI
Licia
Di stirpe reale, bella come l'aurora, anche Licia ama Vinicio: ma non potrebbe vivere con un pagano. Tutta la sua vita, i suoi pensieri sono ispirati all'insegnamento cristiano. Anche quando Vinicio resta ferito, la giovane lo cura con passione ma respinge le sue offerte. Solo quando il suo innamorato si fa cristiano, Licia si abbandona alla pienezza dei sentimenti. Nel grande romanzo la sua figura non viene approfondita, e finisce con l'assomigliare ad altre eroine del medesimo stampo. Ma la sua freschezza, la sua purezza rimangono nel ricordo.

Ursus
Questo gigante impersona la forza, la fedeltà. Se ha dei pensieri, questi rimangono nascosti dietro la sua fronte taurina. L'unico dato sempre presente è che lo schiavo, insieme mite e terribile, deve difendere in ogni occasione la padrona che il destino gli ha assegnato. Come Licia è tutta sentimento e fede, così Ursus è tutto muscoli e azione. Si dice che la fede sposta le montagne, e spesso è vero. Ma se in nome della fede si batte anche qualche robusto guerriero, è meglio.

Nerone
Qualche studioso sta cercando di riabilitare, almeno in parte, questo imperatore rimasto nella storia come un pazzo criminale, che si esibiva come mediocre artista e suonava la lira mentre Roma era divorata dall'incendio. Sono stati soprattutto Tacito e Svetonio a costruire questa fama, che nel Quo vadis? in realtà appare più sfumata. Per l'autore polacco, Nerone sarebbe migliore della sua leggenda, e avrebbe il torto di farsi influenzare da consiglieri come Tigellino, l'incendiario, e dallo scettico Petronio. Sulla figura di questo discusso imperatore si sono esercitati molti artisti, da Racine a Goldoni e Dumas.