QUESTA È UNA RACCOLTA DI NOTIZIE E FATTI STORICI, ADATTA PER RICERCHE SCOLASTICHE E PER ARRICCHIRE IL PROPRIO BAGAGLIO CULTURALE.

LAZIO: IL FORMAGGIO

Prima della completa bonifica degli anni Trenta dell’Agro Pontino che si stende nella parte meridionale del Lazio, in provincia di Latina, la principale attività della regione era la pastorizia. Il patrimonio ovino del Lazio era il secondo in Italia dopo quello della Sardegna. Nei primi decenni del nostro secolo era possibile assistere frequentemente al passaggio delle greggi per le vie del centro di Roma. I pastori conducevano pecore e capre sui monti in estate e poi le riportavano in pianura in autunno.
Oggi la pastorizia non è più attività trainante dell’economia laziale, ma fa ancora parte del panorama economico della regione e, soprattutto, ha lasciato una grande tradizione in fatto di formaggi fabbricati con latte di pecora. A questi si sono aggiunti altri formaggi di latte di mucca (mozzarella e caciotta), perchè attualmente l’allevamento dei bovini e dei bufali è più sviluppato di quello degli ovini.

La produzione casearia resta prerogativa della provincia laziale, anche se Roma ha via via concentrato nella sua zona di influenza tutte le principali e più redditizie attività della regione, insieme con i tre quarti della popolazione. Il pecorino romano, la mozzarella, le caciotte e la ricotta, per citare i prodotti più famosi, vanno ad arricchire la lunga lista dei formaggi di produzione italiana (circa 400), molti dei quali vengono esportati in Europa e nel mondo intero.

I produttori più rispettosi della tradizione temono l’eccessiva industrializzazione della produzione a scapito della qualità e del gusto e difendono gli autentici formaggi laziali, che vengono preparati secondo le antiche regole. Per fare il pecorino, come dice il nome stesso, viene utilizzato latte di pecora riscaldato a 38 gradi. Si procede poi alla coagulazione con caglio in pasta che si realizza in 15-20 minuti. La cagliata viene frantumata, portata a 48 gradi di temperatura per 10-12 minuti e poi compressa con le mani in ogni senso. Si passa poi alla “frugatura” per purificarla del siero e ad una nuova compressione, per una ventina di minuti. Dopo due giorni si inizia la salatura che dura due mesi. L’ultima operazione è la stagionatura nella “caciaia” per 7-8 mesi ad una temperatura di 15-20 gradi. Il risultato è giudicato ottimale se la forma ha la crosta bruna, la pasta granulosa, senza occhiatura e un sapore un po’ piccante.

Pare che gli antichi Romani, e Plinio in particolare, apprezzassero il pecorino tanto da dire che aveva il sapore degli dèi.