NICCOLO’ MACHIAVELLI
Machiavelli nasce a Firenze nel 1469 da una famiglia nobile, ma economicamente decaduta. Nel 1498 viene eletto Segretario della Repubblica, col compito di studiare i problemi amministrativi e politici; in questa veste si reca presso Luigi XII, poi presso il principe Cesare Borgia e l’imperatore Massimiliano d’Austria. Comincia a scrivere i suoi primi saggi sui sistemi di governo ed elabora le idee che sfoceranno nel suo capolavoro, Il Principe.
Quando i Medici tornano al potere, Machiavelli, a causa della sua partecipazione al governo repubblicano, viene mandato al confino, poi addirittura imprigionato e comunque allontanato dalla vita pubblica, cosa di cui soffre moltissimo.
Si dedica allo studio degli antichi e compone le sue opere più importanti: I Discorsi sulla prima deca di Tito Livio, in cui discute il pensiero dello storico latino ed esprime considerazioni sulle forme di governo, Il Principe, e anche opere brillanti e scherzose, come la commedia La Mandragola.
I Medici infine riconoscono le sue capacità e gli attribuiscono uno stipendio come storico ufficiale: Machiavelli scrive le Istorie fiorentine che delineano in otto volumi la storia interna di Firenze. Ma il riavvicinamento ai signori di Firenze renderà impossibile la sua partecipazione al nuovo governo repubblicano che si afferma dopo l’espulsione dei Medici nel 1527. Machiavelli muore quello stesso anno lasciando la famiglia in gravi difficoltà economiche.
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ITALO CALVINO
Italo Calvino nasce a Santiago de Las Vegas, Cuba, nel 1923 e trascorre i primi vent’anni della sua vita a Sanremo, dove i genitori avevano fatto ritorno subito dopo la sua nascita. Conseguita la maturità classica si iscrive all’università e, nel 1943, partecipa alla resistenza nelle formazioni partigiane operanti in Liguria. Alla guerra partigiana dedica, nel 1947, il romanzo Il sentiero dei nidi di ragno. Nel 1945 si trasferisce a Torino, lavora come redattore al quotidiano del Partito Comunista, “L’Unità”, e inizia la sua attività di consulenza editoriale presso la casa editrice Einaudi. Tra le sue numerose opere narrative, sono da ricordare: Il visconte dimezzato (1952), Il barone rampante (1957), Il cavaliere inesistente (1959), Le cosmicomiche vecchie e nuove (1965, 1984), Le città invisibili (1972), Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979), Palomar (1983). Nel 1956 pubblica una raccolta di Fiabe italiane, trascritte dai dialetti di tutte le regioni; nel 1963 scrive un libro per ragazzi, Marcovaldo. Raccoglie inoltre in volumi numerosi interventi sul dibattito letterario contemporaneo (Una pietra sopra, 1980).
Morto nel 1985, Calvino ha lasciato incompiuta la scrittura di un ciclo di lezioni (Lezioni americane) che avrebbe dovuto tenere all’Università di Harvard. Le cinque “lezioni” già scritte costituiscono un testamento spirituale, nel quale si riafferma il valore della letteratura come forma di conoscenza.
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GRAZIA DELEDDA
Grazia Deledda nasce a Nuoro nel 1871. Frequenta fino alla quarta la scuola elementare poi, non essendoci altre scuole femminili, prosegue gli studi con lezioni private e come autodidatta. A diciassette anni pubblica il suo primo racconto su una rivista di moda, seguito, l’anno dopo, da una raccolta di novelle, Nell’azzurro (1890). Nel 1900 si trasferisce a Roma.
La produzione di Grazia Deledda è vastissima: spazia dai romanzi ai racconti, dalle raccolte di poesie agli articoli per riviste e giornali. Scrive con metodo pubblicando uno o due libri l’anno.
Dopo le prime opere, che risentono molto dell’influenza dei grandi maestri del romanzo europeo (Balzac, Dumas, Hugo, Dostoevskij ma anche Manzoni, Verga, De Amicis), la Deledda trova con il romanzo Elias Portulu (1903) e coi successivi sia il riconoscimento di un gran numero di lettori, sia l’attenzione e l’interesse dei critici letterari. Tra i titoli di questo periodo fortunato: Cenere (1904), L’edera (1906), Canne al vento (1913), Marianna Sirca (1915).
Nelle vicende di questi romanzi prevalgono le figure femminili, fedeli, passionali, devote fino al sacrificio, impegnate nel tentativo di cambiare il corso del destino e di sfuggire alla corruzione del mondo moderno. Insieme a queste caratteristiche, un’altra qualità della Deledda è la capacità di collegare il carattere dei personaggi agli elementi della natura e del paesaggio, che è quello aspro della nativa Sardegna.
Nel 1926 riceve il premio Nobel per la letteratura. Muore a Roma nel 1936.
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ULISSE - UMBERTO SABA
Nella mia giovinezza ho navigato
lungo le coste dalmate. Isolotti
a fior d’onda emergevano, ove raro
un uccello sostava intento a prede,
coperti d’alghe, scivolosi, al sole
belli come smeraldi. Quando l’alta
marea e la notte li annullava, vele
sottovento sbandavano più al largo,
per fuggirne l’insidia. Oggi il mio regno
è quella terra di nessuno. Il porto
accende ad altri i suoi lumi; me al largo
sospinge ancora il non domato spirito,
e della vita il doloroso amore.
OSCAR WILDE
Oscar Wilde nasce a Dublino nel 1854, e qui cresce, in un ambiente colto e spregiudicato. Conclusi gli studi a Oxford, il suo ingegno brillante, i suoi successi letterari e le sue pose eccentriche e provocatorie lo impongono presto come una delle personalità dominanti nei circoli artistici e nei salotti mondani di Inghilterra e Francia. Vive infatti tra Parigi e Londra, compiendo frequenti viaggi in Italia, Grecia e Nordafrica.
Le sue esperienze letterarie si mescolano a una vita che egli stesso considera un’opera d’arte: egli si pone come un grande esponente dell’Estetismo, della corrente del Decadentismo che considera la bellezza un valore fondamentale della vita umana. Scrive poesie, favole, racconti, saggi e una serie di brillanti commedie di polemica sociale; ma la sua opera più nota è Il ritratto di Dorian Gray, del 1891, che diventa subito una sorta di vangelo del Decadentismo e dell’Estetismo. Dopo essere stato l’idolo ricercatissimo della classe dirigente, viene processato e condannato per condotta immorale a due anni di lavori forzati.
Muore in Francia nel 1900, in miseria e abbandonato da tutti.
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A ZACINTO - PARAFRASI
Né più mai toccherò le sacre sponde ove il mio corpo fanciulletto giacque, Zacinto mia, che te specchi nell’onde del greco mar da cui vergine nacque | E io non toccherò mai più la terra sacra (per la nascita di Venere) dove il mio corpo di bambino stette disteso, o mia Zacinto, che ti rifletti nelle acque del mar Ionio dalle quali nacque, pura. |
Venere, e fea quelle isole feconde col suo primo sorriso, onde non tacque le tue limpide nubi e le tue fronde l’inclito verso di colui che l’acque | Venere, che rese fertili quelle isole col suo primo sorriso, per cui non poté non lodare le tue nubi estive e la tua vegetazione il verso famoso di Omero (colui) che le peregrinazioni per mare |
cantò fatali, ed il diverso esiglio per cui bello di fama e di sventura baciò la sua petrosa Itaca Ulisse. | volue dal fato celebrò e l’esilio in terre diverse, grazie al quale, famoso per la sua gloria ma anche per le sue disavventure, Ulisse poté tornare a baciare la sua aspra Itaca. |
Tu non altro che il canto avrai del figlio, o materna mia terra; a noi prescrisse il fato illacrimata sepoltura. | Tu non avrai altro che i versi del tuo figlio, o terra che mi hai dato la vita; per me stabilì il destino una tomba su cui nessuno potrà piangere (perché lontana dalla patria). |
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PRIMO LEVI
Primo Levi nasce a Torino nel 1919 da una ricca famiglia ebrea di tradizioni intellettuali. Nel 1941 si laurea in chimica nonostante l’ostacolo delle leggi razziali. Dopo l’8 settembre 1943, la disfatta dell’esercito italiano e l’occupazione nazista dell’Italia, Levi aderisce a una formazione partigiana di “Giustizia Libertà”, ma viene arrestato dalla milizia repubblichina. Consegnato ai tedeschi viene deportato ad Auschwitz nel febbraio del 1944. Sopravvissuto la lager, viene liberato nel gennaio del 1945 dall’Armata Rossa e, per quasi un anno, è al seguito delle truppe sovietiche in un’odissea che lo conduce lungo un itinerario impazzito per tutta l’Europa orientale. Soltanto nell’ottobre del 1945 riesce a tornare a casa.
Esordisce nel 1947 con Se questo è un uomo, testimonianza della prigionia patita nei campi di concentramento nazisti e della lotta per la sopravvivenza, non solo fisica ma anche della propria dignità di uomo. Il romanzo successivo, La tregua (1963, premio Campiello) dà una descrizione del ritorno alla vita dopo quell’atroce esperienza. Pubblica in seguito altri romanzi, saggi, raccolte di poesie (Osteria di Brema, 1975; Ad ora incerta, 1984) e numerosi racconti.
Muore suicida nel 1987.
Il nome di Primo Levi è principalmente legato alla testimonianza degli orrori della guerra e dell’olocausto contenuta nelle celebri pagine di Se questo è un uomo. La riflessione sull’atroce esperienza del lager ritorna però anche in altre opere di questo autore, da Se non ora quando (1982) a I sommersi e i salvati (1986), intrecciandosi con una lucida analisi e critica della società contemporanea. Fra le tante opere di Levi ricordiamo: Il sistema periodico (1975), dove i vari elementi chimici vengono utilizzati come spunto per raccontare la formazione morale e civile di un giovane ebreo, e La chiave a stella (1978), celebrazione della professionalità di un operaio raccontata come esempio di una scelta di grande rigore morale.
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