QUESTA È UNA RACCOLTA DI NOTIZIE E FATTI STORICI, ADATTA PER RICERCHE SCOLASTICHE E PER ARRICCHIRE IL PROPRIO BAGAGLIO CULTURALE.

I MILLE

Non si è mai potuto stabilire con precisione il numero dei volontari al seguito di Garibaldi al momento dello sbarco a Marsala. L’elenco ufficiale, compilato nel 1878, comprendeva 1088 uomini e una donna, Rosalia Montmasson, la moglie di Francesco Crispi, ma sembra che il numero effettivo fosse leggermente superiore. Per la maggior parte le “camicie rosse” erano lombardi (434, fra i quali un nutrito gruppo di 180 bergamaschi); le altre regioni più rappresentate erano il Veneto (194), la Liguria (156, quasi tutti genovesi), la Toscana (78, in grande maggioranza livornesi), la Sicilia (45, in maggioranza palermitani). Pochi erano i piemontesi, sia per la scarsa tradizione insurrezionale del Piemonte sia perché molti dei possibili volontari erano già stati assorbiti nell’Esercito regolare del Regno di Sardegna. Dal punto di vista sociale i Mille (termine che entrò in uso assai più tardi) riflettevano la composizione delle forze della sinistra: per metà erano professionisti e intellettuali, per l’altra metà artigiani e operai delle città. Era totalmente assente la componente contadina, che pure rappresentava la grande maggioranza della popolazione italiana. La maggior parte dei garibaldini aveva alle spalle una lunga esperienza di militanza cospirativa: alcuni erano veterani della guerra del 1848 e della difesa di Roma e di Venezia, molti avevano combattuto con i Cacciatori delle Alpi nella II guerra d’indipendenza. Alla fine della campagna l’esercito garibaldino arrivò a contare quasi 50.000 uomini. Molti volontari, circa 20.000, che non avevano fatto in tempo ad arrivare a Genova al principio di maggio, raggiunsero Garibaldi in successive spedizioni, organizzate prevalentemente dal Partito d’azione mazziniano, tra maggio e settembre. Altri 25-30.000 erano meridionali che si posero al seguito di Garibaldi durante la marcia da Marsala a Teano. Molto scarso fu invece l’effetto della leva obbligatoria proclamata in Sicilia il 14 maggio, che segnò uno dei più gravi fallimenti di Garibaldi dittatore.

1842 - IL GIANNETTO

Pubblicato per la prima volta nel 1836, e riedito molte volte negli anni successivi, il Giannetto divenne il primo manuale scolastico largamente adottato nelle scuole elementari di tutta Italia. Autore era il pedagogista milanese Luigi Alessandro Parravicini (Milano 1800 – Vittorio, Treviso, 1880), direttore dal 1826 della scuola elementare di Como e incaricato dal 1837 al 1839 come professore di metodica e consulente della pubblica istruzione nel Canton Ticino. Dopo un viaggio nell’impero asburgico per studiare il funzionamento degli istituti tecnici, Parravicini venne chiamato nel 1842 alla direzione della scuola tecnica di Venezia dove rimase per tutta la vita e dove compose nel 1842 la sua opera più importante, il Manuale di pedagogia e di metodica. Il Giannetto è un libro per ragazzi in cui si espongono le nozioni elementari di storia, geografia, scienze naturali, igiene, macchine e mestieri, alternate con racconti edificanti. Giannetto, il narratore, è il bambino povero che riesce, con l’istruzione e la buona volontà, a imparare un mestiere e a diventare agiato. L’ideologia che stava dietro alle sue peripezie era quella dei liberali moderati toscani, convinti sostenitori della necessità di un’istruzione del popolo nel nome dei valori della famiglia, della proprietà e del lavoro e fautori di una modernizzazione dell’agricoltura nel rispetto della tradizione. Il libro di Parravicini diede origine a una lunga serie di Giannetti e Giannettini che culminarono, dopo l’unità, nelle figure infantili del celebre Cuore di Edmondo De Amicis.