QUESTA È UNA RACCOLTA DI NOTIZIE E FATTI STORICI, ADATTA PER RICERCHE SCOLASTICHE E PER ARRICCHIRE IL PROPRIO BAGAGLIO CULTURALE.

1822 - IL CONGRESSO DI VERONA

Fra l’ottobre e il dicembre 1822 si svolse a Verona il congresso degli Stati europei per discutere di vari problemi: la situazione italiana dopo i moti del 1820-1821, e in particolare la questione della successione di Carlo Alberto al trono di Sardegna, l’opportunità di un intervento militare in Spagna per reprimere i costituzionalisti, i problemi aperti dalla proclamazione dell’indipendenza della Grecia. Al congresso parteciparono principi e sovrani di tutta Europa, accompagnati da ministri degli esteri, ambasciatori e plenipotenziari. Visto che in Italia l’ordine era stato ristabilito, si decise per il progressivo ritiro delle forze austriache dal Piemonte e dal Napoletano, e furono respinte le proposte di Carlo Felice di escludere dalla successione al trono sabaudo Carlo Alberto, reo di aver ceduto alle pressioni dei costituzionali. Venne però richiesto a Carlo Alberto di dare prova di fedeltà all’assolutismo: la prova fu data dal principe nel 1823 nei combattenti di Cadice contro i costituzionalisti spagnoli. Cadde definitivamente, per l’opposizione delle altre potenze, anche il progetto austriaco di una lega degli Stati italiani sotto il controllo dell’Austria, e fu respinta, per l’opposizione dei rappresentanti pontificio e toscano, la proposta del duca di Modena di istituire un ufficio centrale di polizia politica con sede a Verona. Riguardo alla Spagna, il congresso affidò alla Francia il compito di reprimere militarmente l’insurrezione e di ristabilire l’ordine legittimista. Più complessa si presentava la questione greca, per la quale mancava un accordo fra le potenze, e per la prima volta, contro il parere dell’Austria e della Prussia, venne approvata la proposta di riconoscere, almeno in questo caso particolare, il diritto all’indipendenza nazionale, escludendo il principio di intervento.

 

IL PIANO SOLO

Il piano SOLO fu predisposto nel 1964 dal comandante dei carabinieri, il generale Giovanni De Lorenzo, già capo del SIFAR dal 1953 al 1962, e fu così chiamato perché prevedeva il solo intervento dei carabinieri qualora una grave crisi politica avesse richiesto misure straordinarie per la difesa dell’ordine.

Il 26 giugno, giorno delle dimissioni del governo Moro, sembrò a De Lorenzo che il piano dovesse scattare. Convocò a Roma i capi delle tre divisioni dell’Arma e consegnò loro le copie del piano SOLO e li pose in allerta, riservandosi di comunicare il momento dell’azione. I tre comandanti ricevettero anche gli elenchi degli “enucleandi”, cioè delle personalità da arrestare e trasferire in Sardegna. Il piano prevedeva l’occupazione delle grandi città e dei loro luoghi strategici e la repressione delle eventuali reazioni del paese. De Lorenzo era, nell’estate 1964, in stretto contatto con il Quirinale. Antonio Segni, contrario al centrosinistra, era dal canto suo visibilmente preoccupato per la crisi economica e manifestava timori per l’ordine pubblico, nel caso si fosse composto un governo senza il PSI. Ciò che accadde effettivamente nell’estate 1964 non è però stato mai chiarito. Il piano SOLO fu rivelato dall’Espresso nel maggio 1967. Nel corso del processo intentato contro il settimanale romano da De Lorenzo (divenuto dal 1968 deputato, prima del PDIUM poi del MSI) emersero le prime risultanze sul tentato golpe e sulle deviazioni del SIFAR, sebbene il presidente del consiglio Moro opponesse una serie di “omissis”, si rifiutasse cioè in nome della sicurezza dello Stato di consegnare intere parti dei documenti richiesti dai magistrati. Dopo le elezioni del 1968 si formò anche una commissione parlamentare d’inchiesta. Gli “omissis” sono stati tolti solo alla fine del 1990, anche se è rimasto coperto da segreto l’elenco degli “enucleandi” e non sono stati chiariti i legami del piano SOLO con un’altra vicenda oscura, quella di Gladio.