QUESTA È UNA RACCOLTA DI NOTIZIE E FATTI STORICI, ADATTA PER RICERCHE SCOLASTICHE E PER ARRICCHIRE IL PROPRIO BAGAGLIO CULTURALE.

GIOACCHINO ROSSINI

1792
Nasce a Pesaro. Il padre, suonatore di tromba e di corno è un “pubblico trombettiere” (banditore) della città: da lui Gioacchino eredita esuberanza di carattere e musicalità.

1804
Compone sei Sonate a quattro per due violini, violoncello e contrabbasso. Entrato al Conservatorio di Bologna, compone la sua prima opera, Demetrio e Polibio, di genere serio.

1810
Inaugura la carriera facendo rappresentare La cambiale di matrimonio, di genere buffo.

1812-15
Scrive varie opere di successo, sia comiche (La pietra del paragone, Il signore Bruschino, L’italiana in Algeri), sia serie (Tancredi ed Elisabetta regina d’Inghilterra). La sua musica si afferma con sempre maggiore vigore.

1816
Compone l’opera seria Otello e quindi uno dei suoi capolavori, l’opera buffa Il barbiere di Siviglia.

1817-20
Rafforza il proprio successo con altre opere: Cenerentola (di genere comico) e La gazza ladra, (di genere semiserio). Continua a scrivere anche vere e proprie opere serie: Armida, La donna del lago, Mosè in Egitto e Maometto II.

1822-23
Si sposa con la cantante Isabella Colbran e scrive Semiramide, che rappresenta il culmine della sua concezione ancora settecentesca dell’opera seria, fatta di “pezzi chiusi” e di bel canto. Assiste al trionfo delle sue opere a Vienna, dove incontra Beethoven, e in Inghilterra. Conscio di aver saturato del tutto il mondo operistico italiano, si stabilisce a Parigi, dove rimarrà per tutto il resto della vita.

1826-28
Rimaneggia alcune opere italiane e le presenta in francese. Sempre in francese compone il melodramma giocoso Il conte Ory.

1829
Scrive il grand-opéra Guglielmo Tell, ma comprende di continuare ad avere del genere operistico una concezione classica e di non poter quindi accogliere del tutto le nuove idee del Romanticismo: dopo quel lavoro egli non si accosterà più al teatro.

1831
Viene colpito da una grave forma di esaurimento nervoso. Da allora in poi si limiterà a scrivere pezzi da salotto come le Serate musicali per voci e pianoforte e vari quaderni di brevi e scherzosi pezzi per pianoforte, con o senza voci, intitolati Peccati di vecchiaia (fra di essi abbondano titoli curiosi come Il mio preludio igienico del mattino, Studio asmatico, Uffa, i piselli!, Piccola polka cinese, ecc.).

1841
Termina uno Stabat mater, che aveva iniziato nel 1832.

1863-67
Compone una Piccola Messa Solenne per 12 solisti, due pianoforti e armonium.

1868
Muore a Parigi.

 

RICHARD WAGNER

1813
Nasce a Lipsia e studia, in buona parte da autodidatta, rivelando anche profondi interessi letterari e filosofici.

1833-35
Scrive le prime opere: Le fate e Il divieto d’amare mentre lavora come maestro del coro e come direttore d’orchestra in varie cittadine tedesche; si associa al movimento letterario della “Nuova Germania” nato per difendere e valorizzare la cultura nazionale.

1839
Una burrascosa traversata per mare per raggiungere Londra gli ispira il soggetto dell’opera L’Olandese volante.

1840
Termina la prima significativa opera: Rienzi.

1841
Si stabilisce a Parigi dove conduce una vita di stenti (fra l’altro, a causa dei debiti che non riesce a pagare, viene anche messo in prigione), riducendosi a trascrivere melodie da salotto.

1842
E’ maestro della cappella di corte a Dresda; qui scrive altre due opere: il Tannbauser ed il Lohengrin, entrambe ambientate nel Medioevo tedesco.

1849
Partecipa alla rivoluzione democratico-liberale di Bakunin, sale sulle barricate, scrive il saggio L’arte e la rivoluzione e viene presto ricercato dalla polizia. Fugge da Dresda e ripara prima a Weimar, da Liszt, e poi a Zurigo.

1850
Trova in Liszt un amico ed un sostenitore convinto: grazie a lui può veder rappresentato il Lohengrin. Incomincia a definire lo schema del suo imponente ciclo di quattro opere (da qui il nome di “Tetralogia”, dal greco tetra=quattro) intitolato L’anello del Nibelungo, ispirato alla mitologia nordica.

1854
Termina la prima opera della Tetralogia: L’oro del Reno.

1856
Termina la seconda opera della Tetralogia, La walchiria, e inizia la composizione della terza, Sigfrido.

1857-59
Interrompe la composizione della Tetralogia per scrivere Tristano e Isotta.

1864
Conosce il giovane re Luigi II di Baviera che lo toglie definitivamente dalle ristrettezze economiche in cui sino ad allora è vissuto. Grazie alla stima di questo monarca può farsi costruire a Bayreuth un teatro che risponda ai suoi nuovi intendimenti musicali e scenici.

1868
Presenta a Monaco i Maestri cantori di Norimberga, opera ispirata alle figure dei Meistersinger.

1874
Termina l’ultima opera della Tetralogia: Il crepuscolo degli dei.

1876
Viene inaugurato il teatro di Bayreuth con Sigfrido e Il crepuscolo degli dei: è il primo teatro nel quale l’orchestra è disposta più in basso del palcoscenico, in modo da non essere vista dal pubblico.

1882
Porta a termine la sua ultima opera, Parsifal.

1883
Muore improvvisamente a Venezia.

 

LE TERMOPILI

Il patto di alleanza tra Atene e Sparta, nella Seconda guerra persiana, assegnava agli Spartani il comando supremo dell’esercito, com’era naturale data la loro perfetta e collaudata preparazione militare.
Le truppe persiane, passato l’Ellesponto su un ponte di barche, attraversata la Tracia (da tempo territorio persiano) e la neutrale Macedonia, si preparavano a invadere la Grecia da Nord, appoggiate da mille navi che si dirigevano verso l’istmo di Corinto.

Di fronte a questo attacco a tenaglia, ai generali spartani parve indispensabile difendere l’istmo, dove concentrarono il massimo delle forze, mentre al confine settentrionale della Grecia si limitarono a inviare poche centinaia di soldati.

Questi si concentrarono in una gola montuosa, il passo delle Termopili, che i nemici dovevano necessariamente attraversare per invadere la Grecia, e che per i Persiani significava un difficile ostacolo. Essi cercarono quindi di aggirarlo con uno stratagemma: individuarono un soldato greco che, in cambio di denaro, rivelò l’esistenza di un passaggio segreto grazie al quale i Persiani piombarono da Sud alle spalle delle truppe spartane.

Il comandante Leonida aveva due scelte: arrendersi e finire prigioniero con i suoi uomini, o resistere con la sicurezza di essere comunque sconfitto, data l’eccezionale superiorità numerica dei nemici. Senza esitare decise per la resistenza, sia perché l’educazione ricevuta a Sparta faceva coincidere la resa con la vigliaccheria, sia perché, impegnando i nemici in battaglia, avrebbe dato ai suoi alleati più tempo per organizzare la difesa.

Decisi, quindi, ad affrontare morte sicura, i 300 uomini di Leonida si batterono con eroico coraggio e furono tutti uccisi.