QUESTA È UNA RACCOLTA DI NOTIZIE E FATTI STORICI, ADATTA PER RICERCHE SCOLASTICHE E PER ARRICCHIRE IL PROPRIO BAGAGLIO CULTURALE.

PRIMO LEVI

Primo Levi nasce a Torino nel 1919 da una ricca famiglia ebrea di tradizioni intellettuali. Nel 1941 si laurea in chimica nonostante l’ostacolo delle leggi razziali. Dopo l’8 settembre 1943, la disfatta dell’esercito italiano e l’occupazione nazista dell’Italia, Levi aderisce a una formazione partigiana di “Giustizia Libertà”, ma viene arrestato dalla milizia repubblichina. Consegnato ai tedeschi viene deportato ad Auschwitz nel febbraio del 1944. Sopravvissuto la lager, viene liberato nel gennaio del 1945 dall’Armata Rossa e, per quasi un anno, è al seguito delle truppe sovietiche in un’odissea che lo conduce lungo un itinerario impazzito per tutta l’Europa orientale. Soltanto nell’ottobre del 1945 riesce a tornare a casa.

Esordisce nel 1947 con Se questo è un uomo, testimonianza della prigionia patita nei campi di concentramento nazisti e della lotta per la sopravvivenza, non solo fisica ma anche della propria dignità di uomo. Il romanzo successivo, La tregua (1963, premio Campiello) dà una descrizione del ritorno alla vita dopo quell’atroce esperienza. Pubblica in seguito altri romanzi, saggi, raccolte di poesie (Osteria di Brema, 1975; Ad ora incerta, 1984) e numerosi racconti.
Muore suicida nel 1987.

Il nome di Primo Levi è principalmente legato alla testimonianza degli orrori della guerra e dell’olocausto contenuta nelle celebri pagine di Se questo è un uomo. La riflessione sull’atroce esperienza del lager ritorna però anche in altre opere di questo autore, da Se non ora quando (1982) a I sommersi e i salvati (1986), intrecciandosi con una lucida analisi e critica della società contemporanea. Fra le tante opere di Levi ricordiamo: Il sistema periodico (1975), dove i vari elementi chimici vengono utilizzati come spunto per raccontare la formazione morale e civile di un giovane ebreo, e La chiave a stella (1978), celebrazione della professionalità di un operaio raccontata come esempio di una scelta di grande rigore morale.

ELSA MORANTE

Elsa Morante nasce a Roma nel 1912. Impara da sola a leggere e scrivere senza frequentare la scuola elementare; terminati gli studi liceali, abbandona la famiglia vivendo di lezioni private e di collaborazioni a riviste culturali. Da quell’esercizio giornalistico nasce il primo volume di racconti, Il gioco segreto, che esce nel 1941, contemporaneamente alla favola Le bellissime avventure di Caterì dalla trecciolina. Nello stesso anno sposa lo scrittore Alberto Moravia da cui si separerà nel 1962. L’opera che l’ha imposta all’attenzione della critica è Menzogna e sortilegio (1948, premio Viareggio), in cui si narra la decadenza di una famiglia gentilizia del sud, attraverso la ricostruzione che ne fa una giovane donna sempre rinchiusa nella sua stanza.

Il tema della solitudine torna nel romanzo L’isola di Arturo (1957), storia della difficile maturazione di un ragazzo che vive come segregato nel paesaggio immobile dell’isola di Procida, all’ombra del grande penitenziario. Dopo la raccolta di versi Alibi (1958) e i racconti dello Scialle andaluso (raccolti in volume nel 1963), il libro che ha segnato una svolta nella poetica della scrittrice è Il mondo salvato dai ragazzini (1968): articolato in poesie, poemi, canzoni, è dedicato ai fanciulli e agli adolescenti, gli unici, secondo la Morante, capaci di “credere che il mondo è proprio come appare”. Nel 1974 pubblica La storia.

L’ultimo suo romanzo, Aracoeli, pubblicato nel 1982, descrive le vicende esistenziali di un personaggio alla ricerca delle proprie origini attraverso la memoria della figura materna.

Muore a Roma nel 1985.

I MALAVOGLIA DI GIOVANNI VERGA

Quando appare, nel 1881, il romanzo di Verga venne accolto male dal pubblico e dalla critica, incapaci di capirne la novità tematica ed espressiva. Il Verga parla di “fiasco pieno e completo” a Luigi Capuana che gli risponde: “I Malavoglia non sono un fiasco, il fiasco lo fa il pubblico e la critica che si ricrederanno presto come accade sempre coi lavori che escono dalla solita carreggiata! Per me i Malavoglia sono la più completa opera d’arte che si sia pubblicata in Italia dai Promessi Sposi in poi”.

Le caratteristiche
Nei Malavoglia il Verga fa uso di un punto di vista che permette al narratore di “scomparire”, lasciando che i fatti quasi si producano da sé. Lo scrittore, cioè, evita di esprimere le proprie posizioni ideologiche e morali sulle vicende; anche la lingua e la sintassi riflettono l’ambiente rappresentato. Lo scopo è quello di calare il lettore nella comunità di Acitrezza, i cui principi sono la morale “dell’ostrica” (cioè la necessità di rimanere “attaccati” a ciò che si conosce), la “religione della famiglia” e la “vaghezza dell’ignoto” (il mondo punisce chi spezza i vincoli con la comunità).

La trama
I Toscano, detti “Malavoglia”, pescatori di Acitrezza, possiedono una casa e una barca, la “Provvidenza”. Padron ‘Ntoni, il vecchio capofamiglia, padre di Bastianazzo che a sua volta ha cinque figli, compra un carico di lupini da vendere altrove; ma la barca fa naufragio, Bastianazzo muore e i lupini vanno perduti. Per i Malavoglia è l’inizio di una serie di sventure: per pagare il debito bisogna vendere “la casa del nespolo”; Luca, il secondogenito, cade nella battaglia di Lissa e la vedova, Maruzza, muore vittima del colera. ‘Ntoni, il figlio maggiore, si dà al contrabbando e finisce in galera, e anche la sorella più piccola, Lia, compromessa per le voci che circolano su una sua presunta relazione con don Michele, il brigadiere delle guardie doganali, fugge di casa (si saprà poi che è diventata una prostituta); mentre la sorella maggiore, Mena, a causa delle difficoltà economiche non potrà sposarsi con compare Alfio. Con la morte di Padron ‘Ntoni la famiglia è smembrata, anche ‘Ntoni lascerà il paese. Resterà, per riscattare la casa del nespolo e continuare il mestiere del nonno, il più giovane dei fratelli, Alessi.