QUESTA È UNA RACCOLTA DI NOTIZIE E FATTI STORICI, ADATTA PER RICERCHE SCOLASTICHE E PER ARRICCHIRE IL PROPRIO BAGAGLIO CULTURALE.

CLAUDIO MONTEVERDI

1567
Nasce a Cremone; il padre è un medico.

1582
A soli 15 anni pubblica una raccolta di Canzonette a tre voci.

1587
Dà alle stampe il primo dei suoi nove fondamentali libri di Madrigali, lavori che costituiscono il culmine e anche la fine di questo genere musicale.

1590
Entra come violista e cantore nell’orchestra del duca Vincenzo Gonzaga a Mantova; compie nel contempo numerosi viaggi al seguito del Duca (fra l’altro nelle Fiandre) ed ha così modo di ampliare le sue conoscenze in campo musicale.

1607
Compone l’Orfeo, una “favola pastorale” in musica che viene presentata con grande favore a Mantova e che gli dà fama in tutta Italia.

1608
Sempre a Mantova fa rappresentare la sua seconda opera, l’Arianna, della quale però ci è pervenuto un solo brano, il Lamento di Arianna.

1610
Si dedica anche alla musica sacra, pubblicando una Messa a cappella a 6 voci, il Vespro della Beata Vergine  e un Magnificat.

1612
Alla morte del Duca si trasferisce a Venezia, dove assume l’ambito incarico di “maestro di musica”, che manterrà sino alla morte.

1619
Pubblica il rivoluzionario Settimo Libro di Madrigali, che intitola Concerto, in cui il madrigale cinquecentesco è totalmente stravolto: vengono utilizzati strumenti e talvolta il canto è affidato a una o due voci sole. I madrigali si avvicinano così al nuovo genere del melodramma.

1632 ca.
Viene ordinato sacerdote.

1638
Appare l’ottava raccolta di madrigali, intitolata “Madrigali guerrieri e amorosi”: in essa si trova il Combattimento di Tancredi e Clorinda, ispirato a un episodio de La Gerusalemme liberata di Torquato Tasso.

1640
Pubblica una raccolta di musica religiosa dal titolo Selva morale e spirituale.

1641-42
A quest’epoca risalgono le uniche due opere, delle numerose scritte nel corso del periodo veneziano, pervenute sino a noi: Il ritorno di Ulisse in patria e L’incoronazione di Poppea. Su entrambe tuttavia pesa il dubbio che non possano essere totalmente attribuire a Monteverdi.

1643
Muore a Venezia.

 

CLEOPATRA, REGINA D’EGITTO

“La sua bellezza non era di quel genere incomparabile che afferra istantaneamente gli altri, ma il suo fascino era irresistibile, e all’attrattiva della persona e della parola si aggiungeva una forza di carattere che ne pervadeva il discorso e il gesto, e che lasciava ammaliati coloro che le stavano vicino. Era una delizia anche solo sentire il suono della sua voce…”.

Così Plutarco, uno storico greco vissuto tra il I e il II secolo d.C., rappresenta Cleopatra, la regina la cui personalità colpì poeti grandissimi come Dante, che la cantò nella Divina Commedia, Shakespeare, che le dedicò la tragedia Antonio e Cleopatra, e altri ancora. Cleopatra (nata nel 70 a.C.) fu regina d’Egitto perché, secondo la tradizione, aveva sposato il fratello Tolemeo XIII, ma si sentiva soprattutto greca, in quanto erede del più grande e antico regno ellenistico. Intelligente e colta, era detestata dalla casta dei sacerdoti, che vedeva minacciato da lei il proprio ascendente sul faraone dodicenne: fu allontanata dal trono, ma all’arrivo in Egitto di Cesare (49 a.C.) ottenne che questi, con la forza delle armi, le restituisse il potere.

Da quel momento ella strinse con Cesare un rapporto non solo personale, ma anche politico, in quanto sperava di essere aiutata nella realizzazione di un unico grande Stato, comprendente anche Roma e i suoi territori, in cui i popoli orientali e quelli occidentali godessero di uguali diritti.
Fu questa sua ambizione a renderla odiosa quando Cesare la condusse con sé a Roma, oltre alle abitudini stravaganti che ella aveva portato con sé: un serraglio, lussi senza limiti, pretese scandalose.
Morto Cesare, Cleopatra fece ritorno in Egitto, dove ben presto giunse, in qualità di governatore, Marco Antonio, che era stato il miglior generale di Cesare e il suo difensore. I due, che si sposarono ed ebbero tre figli, concepirono un progetto ardito: creare in Oriente una monarchia universale che si opponesse a Roma. Quando la sconfitta di Azio stroncò il loro disegno, Antonio si trafisse con una spada; Cleopatra si fece mordere da un serpente velenoso.

 

1945 – LA RESISTENZA

In tutti i paesi europei che nel corso della seconda guerra mondiale finirono sotto l’occupazione tedesca si organizzarono dei movimenti di liberazione nazionale che ricorrendo a forme di opposizione attiva e passiva diedero vita al fenomeno della resistenza. Tale lotta si caratterizzava da una parte come guerra di liberazione contro la dominazione e l’oppressione di eserciti invasori, dall’altra come proposta di ideali antitetici a quelli del totalitarismo nazista e fascista. All’interno del movimento di resistenza vennero quindi a confluire gruppi di differente ispirazione, in alcuni casi in contrasto tra loro, soprattutto nella determinazione degli obiettivi ultimi della lotta, che per alcuni dovevano limitarsi al ripristino delle situazioni precedenti l’occupazione, mentre per altri avrebbero dovuto portare all’avvio di vasti progetti di rinnovamento delle strutture politiche e sociali. Nello specifico della situazione italiana il CLN (Comitato Liberazione Nazionale), al quale parteciparono tutti i principali gruppi politici ricostituitisi dopo la caduta del fascismo, rappresentò il tentativo di superare le divisioni nella fase più delicata della lotta contro i nazifascisti. Sotto la direzione del CLN operavano le formazioni partigiane che nell’Italia centrosettentrionale impegnarono, a partire dall’autunno del 1943, i reparti nazisti in una costante azione di guerriglia. I raggruppamenti più importanti furono quelli organizzati dal PCI nelle Brigate Garibaldi e nei GAP (Gruppi di azione patriottica); nelle campagne operarono le SAP (Squadre di azione partigiana). I socialisti costituirono le Brigate Matteotti. Gli azionisti diedero vista ai gruppi di Giustizia e libertà. Accanto alle formazioni della sinistra operarono gruppi cattolici, e “autonomi”, composti da ex militari monarchici e badogliani. Alle soglie della liberazione nel 1945 la massa dei combattenti si componeva di oltre 200.000 unità. I caduti della guerra di resistenza italiana furono circa 70.000.

IL ROMANZO STORICO

Il romanzo storico è un misto di storia e di invenzione: esso, infatti, narra una vicenda di invenzione ambientata però in un’epoca storica precisa, generalmente del passato, ricostruita più o meno fedelmente nelle sue caratteristiche sociali e culturali. Accanto a personaggi storici, ossia realmente esistiti, che si configurano per lo più come personaggi secondari, si muovono e agiscono personaggi inventati, ma verosimili, nel senso che riflettono nel loro modo di pensare e di comportarsi la realtà storica e sociale dell’epoca in cui è ambientato il romanzo.

Una caratteristica particolare del romanzo storico è la presenza di personaggi collettivi: vi sono infatti molte scene “corali” che hanno per protagonista non più il singolo personaggio, ma la folla, il popolo, gruppi di persone, raffigurati in atteggiamenti o comportamenti di partecipazione nei confronti degli eventi politici e sociali del loro tempo.

Dal punto di visto stilistico, il romanzo storico è spesso caratterizzato da ampie descrizioni di paesaggi che hanno la funzione di “incorniciare” l’azione e da minuziose, dettagliate descrizioni di oggetti, arredi, abiti d’epoca per meglio caratterizzare i personaggi. Inoltre il linguaggio usato è solitamente di registro alto, elevato, letterario, ma non è raro anche l’utilizzo di un linguaggio un po’ antiquato, che riproduce fedelmente quello parlato nell’epoca in cui si svolge la vicenda narrata.

Nato nei primi decenni dell’Ottocento, per opera dello scrittore scozzese Walter Scott, l’autore di Ivanhoe, il romanzo storico ebbe subito molto successo e grande diffusione in tutta Europa.

Al modello inventato da Scott si ispirò Alessandro Manzoni per la sua opera I promessi sposi, il più importante romanzo storico italiano. Inoltre, il romanzo Guerra e pace di Lev Tolstoj è ritenuto uno dei più grandi romanzi storici di tutti i tempi.

Considerato un genere tipico dell’Ottocento, il romanzo storico ebbe grande fortuna anche nel Novecento: basti pensare ai romanzi Il Gattopardo  di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e La Storia  di Elsa Morante.