ULISSE - UMBERTO SABA
Nella mia giovinezza ho navigato
lungo le coste dalmate. Isolotti
a fior d’onda emergevano, ove raro
un uccello sostava intento a prede,
coperti d’alghe, scivolosi, al sole
belli come smeraldi. Quando l’alta
marea e la notte li annullava, vele
sottovento sbandavano più al largo,
per fuggirne l’insidia. Oggi il mio regno
è quella terra di nessuno. Il porto
accende ad altri i suoi lumi; me al largo
sospinge ancora il non domato spirito,
e della vita il doloroso amore.
OSCAR WILDE
Oscar Wilde nasce a Dublino nel 1854, e qui cresce, in un ambiente colto e spregiudicato. Conclusi gli studi a Oxford, il suo ingegno brillante, i suoi successi letterari e le sue pose eccentriche e provocatorie lo impongono presto come una delle personalità dominanti nei circoli artistici e nei salotti mondani di Inghilterra e Francia. Vive infatti tra Parigi e Londra, compiendo frequenti viaggi in Italia, Grecia e Nordafrica.
Le sue esperienze letterarie si mescolano a una vita che egli stesso considera un’opera d’arte: egli si pone come un grande esponente dell’Estetismo, della corrente del Decadentismo che considera la bellezza un valore fondamentale della vita umana. Scrive poesie, favole, racconti, saggi e una serie di brillanti commedie di polemica sociale; ma la sua opera più nota è Il ritratto di Dorian Gray, del 1891, che diventa subito una sorta di vangelo del Decadentismo e dell’Estetismo. Dopo essere stato l’idolo ricercatissimo della classe dirigente, viene processato e condannato per condotta immorale a due anni di lavori forzati.
Muore in Francia nel 1900, in miseria e abbandonato da tutti.
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A ZACINTO - PARAFRASI
Né più mai toccherò le sacre sponde ove il mio corpo fanciulletto giacque, Zacinto mia, che te specchi nell’onde del greco mar da cui vergine nacque | E io non toccherò mai più la terra sacra (per la nascita di Venere) dove il mio corpo di bambino stette disteso, o mia Zacinto, che ti rifletti nelle acque del mar Ionio dalle quali nacque, pura. |
Venere, e fea quelle isole feconde col suo primo sorriso, onde non tacque le tue limpide nubi e le tue fronde l’inclito verso di colui che l’acque | Venere, che rese fertili quelle isole col suo primo sorriso, per cui non poté non lodare le tue nubi estive e la tua vegetazione il verso famoso di Omero (colui) che le peregrinazioni per mare |
cantò fatali, ed il diverso esiglio per cui bello di fama e di sventura baciò la sua petrosa Itaca Ulisse. | volue dal fato celebrò e l’esilio in terre diverse, grazie al quale, famoso per la sua gloria ma anche per le sue disavventure, Ulisse poté tornare a baciare la sua aspra Itaca. |
Tu non altro che il canto avrai del figlio, o materna mia terra; a noi prescrisse il fato illacrimata sepoltura. | Tu non avrai altro che i versi del tuo figlio, o terra che mi hai dato la vita; per me stabilì il destino una tomba su cui nessuno potrà piangere (perché lontana dalla patria). |
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