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LA MATER ET MAGISTRA E LA PACEM IN TERRIS

Pubblicata nel settantesimo anniversario della Rerum novarum di Leone XIII, la Mater et magistra, pur ricollegandosi alla tradizione, costituiva un aggiornamento della dottrina della Chiesa alla luce dei nuovi problemi del mondo contemporaneo. L’enciclica di Giovanni XXIII era innovativa soprattutto in campo internazionale, dato che sottolineava la centralità del sottosviluppo in molti paesi ex coloniali e richiamava i paesi industrializzati a un impegno per il superamento degli squilibri dei paesi poveri nel rispetto della loro indipendenza. La Mater et magistra esprimeva inoltre solidarietà nei confronti delle classi lavoratrici, valutando positivamente la conquista di nuovi diritti. Il punto d’arrivo della linea pastorale di Giovanni XXIII fu la Pacem in terris, resa pubblica l’11 aprile 1963, che rivelava una straordinaria sensibilità per i problemi, le ansie e le aspettative del mondo contemporaneo e influì positivamente sul processo di distensione internazionale. Si rivolgeva a “tutti gli uomini di buona volontà”, indicava “i segni dei tempi” nell’ascesa delle classi lavoratrici, nel mutamento della condizione femminile, nella nascita di nuovi Stati nazionali, nel processo della democrazia e dei diritti dell’uomo e nella diffusione del convincimento che i conflitti internazionali andassero risolti per via negoziale e non con le armi. Affermava l’uguaglianza degli uomini e riconosceva il diritto alla libertà di manifestazione del pensiero. Nell’ultima parte, dedicata ai “richiami pastorali”, giustificava la collaborazione tra credenti e non credenti, introducendo una distinzione tra errore ed errante e tra false dottrine e movimenti politici e sociali che a esse si ispirano, dato che questi, a differenza delle dottrine, si modificano e sono o possono divenire portatori di istanze giuste.