QUESTA È UNA RACCOLTA DI NOTIZIE E FATTI STORICI, ADATTA PER RICERCHE SCOLASTICHE E PER ARRICCHIRE IL PROPRIO BAGAGLIO CULTURALE.

GIOVANNI GRONCHI

Giovanni Gronchi nacque a Pontedera (PI) nel 1887. Laureatosi in lettera a Pisa, fu eletto deputato del Partito popolare nel 1919 e partecipò alla prima fase del governo Mussolini come sottosegretario all’industria. Durante il fascismo si ritirò a vita privata, dedicandosi ad attività industriali. Fu tra i fondatori della DC, rappresentandola nel Comitato di liberazione nazionale con De Gasperi. Ministro dell’industria fino al 1946, fu successivamente eletto presidente del gruppo parlamentare della DC e, dopo le elezioni del 1948, presidente della Camera. Esponente di punta della sinistra democristiana, Gronchi nel 1955 fu eletto presidente della repubblica nonostante l’opposizione della segreteria del suo partito e con il voto decisivo dell’opposizione di sinistra. Suscitò molto scalpore il suo primo messaggio alla nazione: si mostrava infatti aperto sostenitore della distensione internazionale e della coesistenza pacifica e affermava che nessun progresso è possibile senza la partecipazione di “quelle masse lavoratrici e quei ceti medi che il suffragio universale ha condotto sino alle soglie dell’edificio dello Stato, senza introdurle effettivamente dove viene esercitata la direzione politica”. Il suo esercizio della presidenza della repubblica suscitò in verità molte critiche, specie per il deciso interventismo politico. Fin dalla formazione del governo Segni, impose un suo fedele seguace, Fernando Tambroni, al ministero degli interni. Nel 1960 lo incaricò di formare un governo che, sostenuto dal MSI, suscitò una vivissima opposizione non solo delle sinistre e dei laici, ma anche di settori della stessa DC, sia in Parlamento sia nelle piazze. Cessato il mandato nel 1962, Gronchi, pur restando di diritto senatore a vita, si tenne in posizione defilata; aderì al gruppo misto del Senato.
Morì a Roma nel 1978.

VITTORIO EMANUELE II

Nato a Torino il 14 marzo 1820, Vittorio Emanuele II era salito al trono nel Regno di Sardegna il 23 marzo 1849, in seguito all’abdicazione del padre, Carlo Alberto, avvenuta sul campo di battaglia di Novara dopo la sconfitta piemontese nella I guerra d’indipendenza. Mantenne in vigore e difese lo Statuto albertino, rispettò i limiti concessi al sovrano dalla carta costituzionale e si guadagnò l’appellativo di Re galantuomo.

Pur essendo di sincera fede cattolica, sostenne negli anni Cinquanta la politica antiecclesiastica del governo piemontese e, nonostante i cattivi rapporti personali, assecondò la politica interna ed estera di Cavour. Nel marzo del 1861 fu proclamato primo re d’Italia. Trasferitosi con la corte da Torino a Firenze nel 1864, nel 1870, dopo la fine dello Stato Pontificio, si insediò nel Palazzo del Quirinale, a Roma.

Vedovo dal 1855 della regina Maria Adelaide di Asburgo-Lorena (con la quale si era unito in matrimonio nel 1842), sposò morganaticamente la popolana Rosina Vercellana, dopo averla creata contessa di Mirafiori. Dopo una breve malattia (diagnosticata dai medici di corte come una pleuro-polmonite con probabili complicazioni malariche), Vittorio Emanuele II morì a Roma il 9 gennaio 1878.

ANDREA COSTA

Nato a Imola (BO) nel 1851, Andrea Costa fece parte negli anni Settanta dei gruppi internazionalisti legati all’anarchico russo Michail Bakunin e collaborò a giornali di orientamento socialista come “Il Fascio operaio”. Arrestato a Bologna nel 1874 per il ruolo di spicco svolto nell’organizzazione dell’insurrezione dell’Italia centrale, preparata tra il 1873 e il 1874, dopo due anni di carcere emigrò a Parigi e qui venne a contatto con l’esule russa Anna Kuliscioff.

Lo stretto rapporto affettivo e intellettuale con la Kuliscioff, da cui Costa ebbe una figlia, esercitò su di lui una grande influenza politica, concorrendo a orientarlo verso il socialismo. Testimonianza del suo passaggio dall’anarchismo al socialismo e vero e proprio manifesto ideologico è la Lettera agli amici di Romagna, scritta dal carcere di Parigi (dove venne rinchiuso nel marzo 1878 a causa della sua partecipazione all’Internazionale per la quale fu amnistiato nel giugno 1879) e pubblicata sulla “Plebe” nell’agosto 1879. Tornato in Italia, fondò a Milano “La Rivista internazionale del socialismo” (1880) e a Imola il settimanale “Avanti!” (1881).

Vasta è la sua produzione pubblicistica, all’interno della quale ricordiamo Il 18 marzo e la Comune di Parigi del 1886 e Bagliori di socialismo del 1900. Primo deputato socialista a entrare in Parlamento (1882), quando morì, nel 1910 a Imola, era vicepresidente della Camera da due anni.