QUESTA È UNA RACCOLTA DI NOTIZIE E FATTI STORICI, ADATTA PER RICERCHE SCOLASTICHE E PER ARRICCHIRE IL PROPRIO BAGAGLIO CULTURALE.

GIROLAMO FRESCOBALDI

(Ferrara 1583 – Roma 1643) compositore.

Allievo di Luzzaschi, all’età di vent’anni si trasferì a Roma, dove, nel 1607, ebbe la nomina a organista in S.Maria in Trastevere. Nello stesso anno seguì il suo protettore, il cardinale Bentivoglio, nelle Fiandre. Esordì come compositore pubblicando ad Anversa una serie di madrigali (Il primo libro de madrigali a cinque voci). In seguito sarebbe tornato raramente alla musica vocale (si ricordano i due libri di Arie musicali a una-tre voci con clavicembalo o tiorba, 1630), che non gli era congeniale. E’ infatti nel campo della musica strumentale che Frescobaldi rivelò la sua grandezza e conquistò fama europea. Nel 1608, al ritorno dalle Fiandre, pubblicò a Milano un libro di Fantasie a quattro che, pur rivelando ancora palesemente la derivazione dai modelli polifonici vocali, già mostra di quale inventiva ritmica egli fosse capace, moltiplicando le possibilità dei giochi contrappuntistici. Dopo un soggiorno di alcuni mesi a Ferrara, vinto il concorso per il posto di organista alla cappella Giulia, Frescobaldi si stabilì a Roma, prestando contemporaneamente servizio per gli Aldobrandini; e a Roma rimase per tutto il resto della vita, salvo due parentesi; l’una a Mantova presso i Gonzaga (nel 1614, per soli due mesi), l’altra a Firenze presso il granduca di Toscana Ferdinando II (1628-34).

Sin dal tempo del suo definitivo trasferimento a Roma, Frescobaldi si era fatto apprezzare come compositore non meno che come organista; i contemporanei stupivano per l’arte prodigiosa con la quale sapeva trattare lo strumento, e le sue musiche erano tanto richieste da doversene tirare più edizioni in breve spazio di tempo. Questa popolarità acquisita in tutti gli ambienti, dai più umili agli aristocratici, da quelli dei semplici dilettanti a quelli dei più severi teorici, si spiega con l’assenza, in Frescobaldi, di ogni forma di astrazione intellettualistica e di meccanicismo; il rilievo che la materia musicale assume nelle sue composizioni, in un mirabile processo di semplicità e di appassionato candore, è tale da far dimenticare il problema dei mezzi tecnici. Questo particolare fascino si riflette nella riconquistata atmosfera religiosa, nel ritorno alla meditata spiritualità dell’ufficio ecclesiastico, al di là di ogni barocco turbamento dei sensi e senza il ricorso a quell’eloquenza mondana che dopo M.A.Cavazzoni aveva toccato in varia misura tutti i musicisti, impegnati a rivestire di note un culto sempre più esteriore. Di tale severità di intenzioni fanno fede il libro dei Ricercari et canzoni franzese (1615), nel quale Frescobaldi riassunse e concluse il processo storico di queste forme, trattandole con il più scrupoloso rispetto dei movimenti contrappuntistici, e i due libri di Toccate. Il primo (Toccate e partite d’intavolatura di Cimbalo, 1615) presenta una straordinaria varietà di situazioni musicali, anche per l’impiego massiccio della tecnica della variazione e della fioritura. Il secondo, dal titolo più ampio (Toccate, Canzone, Versi d’Hinni, Magnificat, Gagliarde, Correnti et altre partite d’intavolatura di Cimbalo et Organo, 1627), prevede esplicitamente un impiego liturgico di molte composizioni (alcune toccate, fra l’altro, sono scritte per l’elevazione, ed evitano accuratamente ogni virtuosismo per adagiarsi in un caldo clima contemplativo), pur non mancando di pagine di mero intrattenimento. Tra questi due libri, nel 1624, Frescobaldi ne pubblicò anche uno di Capricci fatti sopra diversi Soggetti, et Arie. Se poco aggiunge all’arte di Frescobaldi, la raccolta delle Canzoni a una-quattro voci per sonare con ogni sorte di strumenti (1628), di grandissimo rilievo è invece il risultato dei Fiori Musicali di diverse compositioni, Toccate, Kyrie, Canzoni, Capricci e Ricercari (Venezia, 1635), raccolta di 46 brani, fra i quali soltanto gli ultimi due sono profani (e fra questi è la celebre bergamasca). La raccolta si propone di presentare i brani occorrenti per tre messe per organo (della Domenica, degli Apostoli, della Madonna); costante è pertanto l’impiego delle melodie gregoriane, trattate secondo la  tecnica della polifonia su canto fermo. Qui è abolito ogni apparato esteriore, e risultano persino semplificate le difficoltà di esecuzione; il discorso musicale appare sofferto, nato dopo un lungo travaglio fra tentativi e rifacimenti, e tuttavia spontaneo, di efficacia immediata, capace di imporsi come perentoria, chiarificante lezione di stile e di gusto. Nel 1645 vennero pubblicate, postume, le Canzoni alla francese in partitura, mentre numerose composizioni per organo restarono manoscritte e sono state edite solo in tempi moderni. Composizioni vocali sacre e profane furono pubblicate in antologie dell’epoca, altre restarono manoscritte.